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Il giallo della Valsusa

Caso Favro, ecco perché la Procura chiede l’archiviazione

I tabulati del cellulare di Mara ricostruiscono gli ultimi momenti della donna

Caso Favro, ecco perché la Procura chiede l’archiviazione

"Non vi sono elementi raccolti che consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna nei confronti degli indagati nè di ritenere sussistenti profili di penale responsabilità di altri soggetti”.

Parole scritte nero su bianco, firmate da Cesare Parodi, pm che si è occupato del caso Mara Favro, la cameriera valsusina scomparsa la notte tra il 7 e l’8 marzo 2024 da Chiomonte e per cui, dopo 15 mesi, viene richiesta l’archiviazione per i due indagati, Luca Vincenzo Milione e Cosimo Esposto. La donna aveva 51 anni all’epoca dei fatti, una figlia di nove. I resti del suo corpo sono stati trovati a Gravere, sei chilometri da Chiomonte. Favro abitava a Susa, da otto giorni lavorava nella pizzeria gestita da Milione, la Don Ciccio.

Esposto, nello stesso posto, lavorava come aiuto-pizzaiolo. Nei documenti oggetto di richiesta di archiviazione di inchiesta, diretti al Gip, Cesare Parodi cita la riforma della giustizia dell’ex ministra Cartabia: “Ad oggi si richiede al pubblico ministero di effettuare una valutazione dell’esistenza, anche in caso di fondatezza nella notizia di reato, di elementi sufficienti per giustificare una condanna. Ragioni di economia processuale, dunque, impongono la mia richiesta. Non emergono neppure ulteriori approfondimenti investigativi per consentire uno sviluppo delle indagini in termini concretamente significativi”.
E mentre Milione ed Esposto - difesi rispettivamente dagli avvocati Luca Tommaso Calabró e Elena Picatti - apprendono la notizia, l’ex compagno di Mara, Massimiliano Favro, commenta parlando di “giustizia per una donna morta” e lascia intendere che molto probabilmente la famiglia si opporrà alla richiesta della procura.

L’autopsia della Favro, o meglio, l’esame condotto con diverse difficoltà sui resti - poche ossa - racconta di fratture che possono essere identificate come “traumatismo da precipitazione”. Mara è caduta - o forse è stata fatta cadere. Non vi è una risposta, ad oggi. Può essere stato un incidente, un gesto volontario della stessa Favro oppure potrebbe essere stata spinta in basso, nello strapiombo di oltre settanta metri, da qualcuno. Anche i tabulati telefonici della donna vennero cercate delle risposte. C’è di certo che la donna si allontanò quella notte a piedi dalla pizzeria Don Ciccio - dopo esser tornata indietro in quanto aveva dimenticato le chiavi di casa e le sigarette - e avrebbe percorso appunto camminando un tratto della statale. Mara camminava ascoltando della musica e inviando anche dei messaggi. Ma a un certo punto la cellula del suo smartphone ha agganciato “la cella” che è adiacente a quella precedente, cosa che potrebbe corrispondere all’ipotesi che la donna sia precipitata del sentiero in cui si trovava.

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