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il retroscena

Collegno, Veronese pedinato da un investigatore: l’aveva ingaggiato la sua ex

Il 39enne imprenditore ucciso in via Sabotino era seguito. Il killer, dopo averlo ucciso, ha gettato il coltello nella Dora

La scena dell'omicidio di Collegno. Nel tondino, Marco Veronese

La scena dell'omicidio di Collegno. Nel tondino, Marco Veronese

Marco Veronese pedinato da un investigatore. Ad assumerlo, l’ex compagna dell’uomo ucciso a coltellate a Collegno il 23 ottobre. E’ quanto emerge dalle indagini sul delitto di via Sabotino, per il quale è stato arrestato due giorni fa Michele Nicastri, 49enne ingegnere informatico con la passione per il ciclismo. Nicastri ha confessato di avere ucciso Veronese e anche di essersi già appostato sotto casa dei suoi genitori in passato. Ma i carabinieri stanno cercando di fare luce anche sull’ex fidanzata di Veronese, Valentina. La donna aveva spesso delle liti con il suo ex per questioni legate ai figli e aveva assunto un investigatore affinché seguisse i movimenti di Veronese. Valentina al momento non è indagata, ma è stata ascoltata per ore dagli investigatori come persona informata sui fatti.

Veronese pedinato
Marco Veronese era stato fatto pedinare. Valentina, l’ex compagna e attualmente legata all’assassino Michele Nicastri, dopo la fine della relazione con il 39enne imprenditore nel ramo della video-sorveglianza aveva ingaggiato un investigatore. L’obiettivo era far seguire Veronese e conoscere i suoi movimenti, per capire se avesse o meno delle brutte frequentazioni. I due, infatti, erano in causa per l’affidamento dei tre figli minorenni. Veronese li voleva vedere più spesso dopo la fine della loro relazione, terminata durante il periodo del Covid, ma l’ex compagna non glielo permetteva. I comportamenti di Veronese si erano fatti più insistenti: a luglio di quest’anno, aveva fatto mandare alla ex una lettera dall’avvocato in cui chiedeva di regolamentare l’affidamento dei bambini. Così Valentina si era rivolta a uno studio investigativo: sotto la macchina di Marco Veronese era stato installato un Gps. E il 39enne è stato seguito anche la sera del delitto. Sera nella quale, prima di tornare a casa e di essere assassinato, si era recato in un ristorante per cenare insieme a una sua amica.

«Non volevo uccidere»
Si arriva quindi al 23 ottobre. Michele Nicastri parcheggia un furgone Toyota preso a noleggio e aspetta Veronese. Lo assale e lo uccide con tredici coltellate, per poi allontanarsi a piedi, salire sul furgone e scappare. «Ho sbagliato, avrei dovuto fermarmi e non l’ho fatto. Ma non volevo ucciderlo», le parole del 49enne fermato, difeso dall’avvocata Chiara Gatto, nell’interrogatorio. Ma l’assassino si era già recato più volte sotto casa di Marco Veronese. Gli aveva bucato le gomme dell’auto e pure il padre di Veronese, Giannino, si era ritrovato gli pneumatici tagliati. «Volevo tagliare le gomme anche quella sera», ha detto Nicastri. «La mia fidanzata era terrorizzata per la procedura di affidamento dei figli - ha aggiunto - e così ho preso in mano la situazione». Dunque non c’era solo l’investigatore, pure Nicastri si è messo a indagare sui movimenti di Veronese. Che però l’avrebbe scoperto, come dimostra un audio mandato a un’amica: «C’è un tipo incappucciato con la sciarpa che buca le gomme. L’ha fatto a me e a mio padre, ma ora ho un coltello e lo buco io». Marco Veronese, infatti, andava in giro con un coltello. Arma che è stata trovata la notte del delitto, perché la vittima l’aveva in tasca.

La fuga in Francia
A non essere stata trovata, invece, è stata l’arma usata da Nicastri per assassinare Veronese. Michele Nicastri l’ha infatti gettata nella Dora. Così come ha gettato via, dopo averli messi in una busta, i vestiti usati per compiere l’omicidio in via Sabotino. Dopodiché, ha lasciato Torino ed è andato prima a Bardonecchia e poi in Francia. Sempre col furgone Toyota preso a noleggio. In Francia, a Briançon, il killer di Marco Veronese si è fatto curare all’avambraccio e alla mano sinistra. Dunque, si era ferito mentre uccideva il 39enne in via Sabotino. Luogo nel quale si era recato di sua spontanea volontà. L’ex compagna Valentina, difesa dall’avvocato Stefano Castrale, ha detto di non sapere che Nicastri, la notte del delitto, si era recato sotto casa dei genitori di Marco. Intanto però, aveva fatto pedinare il suo ex.

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