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10 Novembre 2025 - 17:23
Il governo vuole “alzare” la montagna: allarme in decine di Comuni piemontesi
Il Governo vuole “alzare” la montagna? La possibilità che venga cambiata l’altitudine alla quale un Comune si possa definire legalmente montano sta scatenando preoccupazioni e polemiche.
Cuore della vicenda è la nuova legge sulla montagna, nota anche come legge Calderoli, entrata in vigore già da qualche settimana ma che ha ancora un “punto in sospeso”. L’articolo 2 infatti recita che “entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge (...) sono definiti i criteri per la classificazione dei comuni montani che costituiscono le zone montane e ai quali si applicano le disposizioni della presente legge, in base ai parametri altimetrico e della pendenza”. Facciamo un passo indietro: fino a oggi, la legge prevedeva che un Comune fosse classificabile come montano se almeno l’80% della sua altitudine è a quota 600 metri o se la differenza tra la quota altimetrica massima e minima del suo territorio è superiore a 600 metri. Ora questi parametri potrebbero cambiare. Al lavoro c’è infatti una commissione di esperti che sta discutendo se conservare “quota 600” o se innalzarla, si vocifera anche fino a 800 metri. In ballo non c’è solo un riconoscimento “geografico” ma soldi, e pure tanti perché sulla base di questa classificazione, come ha spiegato lo stesso ministro per gli Affari regionali, si potrà procedere «con l’assegnazione delle risorse che andranno a soddisfare le esigenze delle vere terre alte, riducendo i divari con le altre zone del Paese». Si parla di centinaia di milioni destinati al sostegno di sanità, istruzione, agricoltura, turismo, mobilità e altro ancora. Senza contare gli incentivi per medici, operatori sanitari e personale scolastico che accettano di trasferirsi in montagna, interventi infrastrutturali su strade e ferrovie, misure per la tutela dell’ambiente e della gestione della fauna selvatica, incentivi alla natalità e sostegno alle famiglie.
Inutile dire che i tanti Comuni della bassa montagna del Piemonte, e della provincia di Torino in particolare, sono tra i territori più interessati alla riforma. E il timore per le ricadute negative su chi potrebbe ritrovarsi da un giorno all’altro non più classificato come “montano” sono tanti. Particolarmente critica è Daniela Ruffino, segretaria regionale di Azione in Piemonte: «Il Piemonte conta 330 Comuni montani. La grande maggioranza di essi, situati ad altezze appenniniche, con le quote altimetriche rivisitate da Calderoli non avrebbe più accesso al fondo per la montagna. Non voglio credere che il ministro abbia agito per favorire una regione (la Lombardia ndr) contro le altre. Meglio sarebbe se il ministro riuscisse a rimpinguare il fondo con risorse più adeguate anziché escludere centinaia di Comuni e trasformare il Piemonte in una regione marina». Critico anche il consigliere regionale Pd Alberto Avetta: «Se i nuovi criteri di classificazione dei Comuni montani dovessero venire confermati, la legge Calderoli avrebbe un impatto drammatico sulla montagna piemontese. La Giunta Cirio deve assumere una posizione netta a tutela delle nostre terre alte. Non si può applicare a tutta Italia un modello che è ideale solo per la Lombardia di Calderoli».
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