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26 Febbraio 2021 - 15:15
Un film girato in Turchia nell’estate 1983 dal regista Kunt Tulgar, dal titolo provvisorio «Gizli Kuvvet», sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, in parte confluito in una produzione italiana del regista Gianni Crea, che inizialmente collaborò al progetto e poi (a seguito di dissapori nella lavorazione) si sganciò e decise di realizzare la pellicola in proprio, è stato sequestrato. Ne venne fuori un secondo film, dal titolo «Liberate Emanuela», con una ricostruzione inedita del giallo, al quale avrebbe partecipato come protagonista una futura attrice di fotoromanzi. La foto è emblematica: in primo piano appare una bella ragazza mora, con la fascetta tra i capelli. È l’ultimo mistero sul caso di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana, figlia del messo pontificio Ercole, sequestrata nel lontano 22 giugno 1983. Quel film venne proiettato una sola volta, durante una manifestazione di cinema indipendente che si svolgeva a Bellaria (Rimini), e, dopo essere stato visionato dalla Digos, dall’avvocato Gennaro Egidio (che rappresentava la famiglia) e dai parenti di Emanuela Orlandi fu sottoposto a sequestro. Perché scattò la censura? Cosa conteneva di proibito o scabroso? Quel che è filtrato adesso è che i carabinieri del Reparto Operativo di Roma inviarono un rapporto riservatissimo al magistrato Domenico Sica, titolare delle indagini. Nella parte di produzione turca del film, secondo gli accertamenti svolti all’epoca, sarebbero intervenuti come produttori due trafficanti turchi, Ugur Terzioglu e Vedat Sakir, legati al pericolosissimo Bekir Celenk, uomo-cerniera tra la mafia di Istanbul e Sofia, imputato chiave nel processo sulla pista bulgara per l’attentato a Papa Wojtyla di due anni prima. Quella pellicola, insomma, potrebbe essere stata girata da gente a conoscenza di dettagli rilevanti del rapimento della giovane figlia del messo di Papa Wojtyla e forse per questo motivo si procedette al sequestro. La vicenda andrebbe quindi inquadrata nell’ambito della pista internazionale: un rapimento a scopo di ricatto per condizionare la politica del pontefice polacco.
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