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Indagini sull'Eredità Agnelli
13 Ottobre 2025 - 08:30
Non c'è pace per gli Elkann. Dopo la Procura di Torino, anche quella di Roma - come vi avevamo raccontato - è all'opera su parte dell'Eredità Agnelli e adesso vuole un prezioso dipinto in possesso di Lapo Elkann, una tela di Monet addirittura a rischio confisca. Ecco quello che sappiamo.
L'indagine della Procura di Roma riguarda tredici dipinti appartenenti alla collezione privata di Gianni Agnelli e di cui si sarebbero perse le tracce. Si tratta degli stessi che Margherita Agnelli, entrata in possesso delle dimore storiche di famiglia dopo la morte della madre Marella Caracciolo nel 2019, sostiene essere stati portati via dai tre figli John, Lapo e Ginevra Elkann.
Questi dipinti, secondo prime risultanze ancora in capo alla Procura di Milano anni fa, poi con gli accertamenti di quella di Torino, sarebbero stati portati all'estero senza l'autorizzazione necessaria all'esportazione anche temporanea di opere d'arte di ingente valore. Una delle accuse dell'inchiesta di Roma, al momento senza indagati, è di ricettazione.
Il dipinto principale al centro di tutto, come ricostruisce Il Fatto Quotidiano oggi 13 ottobre 2025, è "Glacons effet blanc" di Claude Monet. Secondo testimonianze nel corso degli anni, sarebbe stato sempre esposto nella sala da pranzo di Villa Frescot, per poi scomparire. Un lungo percorso ricostruito ora lo colloca tra la Svizzera, un caveau al Lingotto di Torino e in Portogallo. E persino a un'asta a New York.
Il fatto è che di questo Monet ne esisterebbero tre. Com'è possibile? Andiamo in ordine: il Monet, olio su tela del 1838, misure 65x100, viene acquistato da Gianni Agnelli nel 1999 dalla galleria Hopkins di Parigi e portato a Villa Frescot, a Torino. Alla morte dell'Avvocato passa in nuda proprietà, come tutti gli arredi, a Margherita, con usufrutto a Marella, fino alla sua morte nel 2019.
Un "Glacons effet blanc" delle medesime misure e caratteristiche viene battuto all'asta da Sotheby's a New York nel 2013 per una quindicina di milioni di dollari. Provenienza, una società di "intermediazioni" d'arte parigina, dopo un passaggio in Giappone. Ignoto il nome dell'acquirente. Però, secondo molti testimoni, il Monet a Villa Frescot è ancora lì.
Quando Margherita fa il suo primo esposto, la Procura di Milano trova delle tracce presso i galleristi Massimo e Gabriele Martino di Ginevra, che lo avrebbero depositato in un Port Franc a Chiasso. All'ispezione, però, il caveau è vuoto. Tutti prosciolti e si torna al mistero. Nelle indagini successive, gli Elkann sostengono che il dipinto sia a Villa Alkyone, ossia lo chalet degli Agnelli di Saint Moritz (ora nella disponibilità di John Elkann).
I magistrati torinesi trovano le mail di Paola Montaldo, segretaria di Elkann, che fanno riferimento al Monet: "Non c'è importazione?" chiede mentre traccia l'elenco dei beni e avvisa che il gallerista Martino sta cercando nelle sue carte per capire come risolvere il problema. Ma in un'altra mail, viene fuori che il Monet sarebbe al Lingotto - dove c'è la Pinacoteca Agnelli - però, sorpresa: "Il Monet sarebbe stato sostituito con una copia, allora?". Precisamente.
Da Sotheby's, peraltro, mossi da varie inchieste e servizi di Report, provano a dimostrare di non aver preso parte a qualche genere di frode. Scrivono a John Elkann chiedendo lumi e soprattutto di poter esaminare il Monet in suo possesso. Elkann acconsente e ci si accorda anche per il costo dell'assicurazione durante il trasporto (ma l'autorizzazione a qualsivoglia esportazione non risulta neppure stavolta).
Infine, dall'ultimo elenco dei beni divisi fra i fratelli dopo la morte della nonna, che la Procura di Torino sostiene essere "donazioni postume", riecco il Monet: risulta dato a Lapo Elkann, anche se non è ben chiaro se l'abbia portato nella sua casa in Portogallo o sia in qualche altro luogo sicuro. Adesso la Procura di Torino, però, potrebbe chiederne la confisca.
Da capire, poi, le evoluzioni di questo fascicolo ancora senza indagati. John, Lapo e Ginevra stanno per uscire dall'inchiesta torinese - il presidente di Stellantis con la messa alla prova, i fratelli con l'archiviazione -, ma non è escluso che possano ritrovarsi coinvolti in quella romana.
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