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I grandi gialli del Piemonte

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LO STREGONE CHE VOLEVA UCCIDERE IL RE. In piazza delle Erbe ebbe luogo l’esecuzione di uno “stregone” settecentesco, Giovanni Antonio Bocalaro (nella stentata grafia dell’epoca, viene indicato anche come Boccalaro), di Salussola, residente a Caselle, condannato a morte perché sospettato di voler uccidere il duca Vittorio Amedeo II mediante l’uso di un feticcio di cera. Il Boccalaro era in carcere per l’omicidio di un esattore del fisco, crimine tutt’altro che infrequente nel Piemonte di allora. Un altro detenuto, forse per ottenere un occhio di riguardo, lo accusò di compiere malefici contro il re.

La stregoneria era una cosa seria, anche perché Vittorio Amedeo II riteneva che il suo primogenito, il piccolo Vittorio Amedeo Filippo, fosse morto per un maleficio. Il Boccalaro tentò invano di discolparsi: dopo tre interrogatori venne ritenuto colpevole e condannato a fare pubblica ammenda per il suo orrendo crimine.

La sentenza fu ancora più orrenda: il poveraccio venne condannato al supplizio delle tenaglie infuocate e, una volta morto, il suo cadavere venne squartato. Il processo con la truce condanna a morte è conservata in Archivio di Stato, sezione Corte: apprendiamo che la sentenza «è stata eseguita li 30 gennaio 1710 sovra la piazza dell’herbe, ove due ore dopo è stato appeso per un piede sin’al terzo giorno all’ore 21; indi precedente il suono della campana è stato squartato, riposta la testa sopra la colonna infame li quarti fuori dalle quatro porte di Torino et il rimanente del cadavere è stato abbruciato sopra detta piazza, e sparse le ceneri al vento».
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