Il campanello d’
allarme è suonato al
San Giovanni Bosco, con l’attivazione del
protocollo per la
massima emergenza «in considerazione dell’insufficiente disponibilità di
posti letto Covid». Non per altro che per «prendere tempo». Si potrebbe ricorrere alle tende militari, ancora una volta, anche se dal
Dirmei spiegano che «non sarebbe ancora il momento» secondo il piano pandemico. «Lo applicheremo in modo progressivo» sottolinea il responsabile degli ospedali
Sergio Livigni. «Non è ancora necessario ricorrere alle tende militari». Eppure la direttiva arriva dal pronto soccorso, che nelle scorse settimane è andato in affanno e ieri contava 26 pazienti in attesa di ricovero.
SOLO QUATTRO POSTI
La
soglia da cui far partire il protocollo è fissata a
30 pazienti «senza prospettive di posti letto nelle ore successive». La tenda con barella verrà utilizzata come degenza per i pazienti curati con l’ossigeno, quella senza come ambulatorio di accettazione. Tutti i locali del pronto soccorso Covid verranno utilizzati come degenza, «sistemando i pazienti senza ossigeno e appiedati negli attuali ambulatori di accettazione e nei corridoi». E l’ultima disposizione è quella di garantire «nei limiti del possibile» la separazione tra positivi e sospetti, oltre al distanziamento sociale già previsto. «Ma quello è saltato da tempo» confessa un infermiere a fine turno, a cui fa eco un collega dal
Maria Vittoria. «Stanotte - racconta - c’erano 73 pazienti di cui 33 positivi, 40 negativi in due camere».
ALLE MOLINETTE
L’ultima richiesta arrivata alla Città della Salute, che conta già 231 posti letto, riguarda l’apertura di nuove
rianimazioni alle
Molinette, oltre alla conversione di un altro reparto esclusivamente dedicato ai pazienti infetti e l’attivazione di posti
riservati in
Oncologia Medica. Per farlo serviranno i posti di Anestesia e Rianimazione. attivando quelli di terapia intensiva presso la Chirurgia
Generale, trasferendo uno dei reparti di
Oncologia Medica in
Endocrinologia e
Radioterapia. I reparti
Covid sarebbero così undici in tutto di cui due rianimazioni, più tutto il pronto soccorso, salette comprese.
PROVINCIA IN AFFANNO
Uscendo fuori città si comincia a sentire l’affanno di una lunga coda di ricoveri eredità delle scorse settimane. Domenica è andato in crisi l’ospedale di
Moncalieri, costretto a trasferire i pazienti ordinari tra
San Giovanni Bosco,
Maria Vittoria e
Gradenigo, così da lasciare la rianimazione ad altri arrivati addirittura da
Asti, altro ospedale al collasso. Sotto pressione anche Rivoli con 11 intensive e 24 subintensive occupate, oltre a 129 altri pazienti.
Pinerolo, invece, conta 12 intensive e 10 subintensive, oltre a 83 ordinari, mentre al
San Luigi di
Orbassano 180 pazienti sono in reparto e 18 in intensiva. Tutte piene, convertita anche la Chirurgia. «Non siamo in affanno, ma al limite» confidano dal
Covid Hospital, mentre l’
Asl To3 non nega di «lavorare già al 150%».
«OLTRE OGNI LIMITE»
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Il segretario del sindacato gli infermieri
Nursind di
Torino,
Giuseppe Summa, ha scritto al
Dirmei e alla
Regione. «Un passo prima dal presentarmi in Procura» spiega senza mezzi termini. «Il
Valentino è fermo e gli ospedali stanno collassando. Nel frattempo, ci troviamo senza personale medico e infermieristico altamente formato. ma con chi appena uscito dall'Università viene catapultato letteralmente all'interno delle rianimazioni». L’unico conforto arrivava, lunedì, dal coordinatore dei pronto soccorso del Dirmei,
Fabio De Iaco, che riscontrava «un rallentamento nella crescita delle attività di urgenza, che potrebbe indicare una sua iniziale stabilizzazione».