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«I medici a gettone drogano il mercato»: la Corte dei Conti contro Asl e Regione

Troppi medici “gettonisti” in Piemonte: «Costano troppo e non garantiscono un servizio adeguato negli ospedali». A “bacchettare” la Regione e le aziende sanitarie è Maria Teresa Polito, la presidente della sezione di controllo della Corte dei Conti del Piemonte: «Ho inviato una lettera al ministro della Salute, Orazio Schillaci, per segnalare il problema ma non mi ha ancora risposto».

Nella sua relazione, presentata ieri all’inaugurazione dell’anno giudiziario, Polito sottolinea come «la problematica più rilevante sia la carenza del personale sanitario, dovuta alla mancanza di bilanciamento fra la domanda sanitaria e l’offerta di medici per soddisfarla». Secondo la presidente, è tutta colpa dell’assenza di programmazione e delle conseguenze di scelte del passato: «Il numero chiuso a Medicina, numeri limitati nei bandi per le scuole di specializzazione, gestione restrittiva dei piani di rientro nelle regioni con elevati disavanzi finanziari». Come il Piemonte, che nel 2022 ha ridotto di 300 milioni il suo “rosso” ma ha ancora un risultato negativo di oltre 5 miliardi e mezzo: «Ci ritroviamo con un’emergenza nazionale che ha indotto a trovare nuove formule, come i cosiddetti medici gettonisti - prosegue Polito - Cioè quei medici cui le aziende sanitarie ricorrono attraverso convenzione con le cooperative, in modo da garantire servizi essenziali come il pronto soccorso. Negli ultimi anni questi rapporto sono quasi decuplicati, creando grossissime difficoltà in termini di offerta sanitaria ma anche di costi: è una situazione che sta drogando il mercato».

I numeri dello scorso anno, infatti, parlano di una mancanza di quasi 300 specialisti negli ospedali del Piemonte. Nel 2022, per surrogarne almeno uno su tre, la Regione spende cifre astronomiche: 16,8 milioni di euro in un anno, secondo i calcoli che vedono coprire ai gettonisti delle cooperative circa 1.200 turni da 12 ore ogni mese. «Quanto basterebbe per assumere 200 dirigenti medici» spiegano dalla Società italiana di medicina d’emergenza e urgenza che ha più volte lanciato allarmi, spesso, rimasti inascoltati.

Ora si aggiunge anche la Corte dei Conti: «In realtà ne parlo da tre anni e ora c’è stata una progressione anche in aziende che cercavano di evitare questo approccio in tutti i modi. Ora, a causa dei pensionamenti, non può più farne a meno. Una situazione che non assicura continuità assistenziale» prosegue la presidente. Anche perché «non esistono regole, ogni Asl può stipulare una convenzione al prezzo più basso e senza assicurare il miglior servizio possibile. Chi controlla questi medici, che sempre più abbandonano le Asl per entrare nelle cooperative? Girano tra gli ospedali senza che nessuno sappia quante ore fanno e che requisiti hanno. Non sono medici d’urgenza e non hanno rapporti fiduciari con i pazienti: così si rischiano errori nelle diagnosi, come avvenuto di recente con una paziente morta all’ospedale di Alessandria». Da qui la decisione della presidente di scrivere al ministro Schillaci, affinché trovi una soluzione in tempi brevi.

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