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Scienza: editing genetico su misura

Primo trattamento Crispr somministrato a un neonato con malattia rara

Scienza: editing genetico su misura

Foto di repertorio

Un neonato affetto da un raro disturbo genetico ha ricevuto la prima terapia di editing genetico Crispr personalizzata mai somministrata a un essere umano. L’intervento è stato progettato per correggere una mutazione specifica responsabile del deficit di carbamil-fosfato sintetasi 1 (CPS1), una patologia che compromette la capacità del fegato di smaltire l’ammoniaca, con conseguenze potenzialmente letali. Il trattamento ha mostrato i primi segni di efficacia, ma è ancora presto per una valutazione definitiva.

Il caso è stato seguito dal Children’s Hospital di Philadelphia in collaborazione con l’Università della Pennsylvania. I dettagli sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine. La condizione del paziente è gestibile solo parzialmente con farmaci; l’unica alternativa terapeutica consolidata è il trapianto di fegato, che può essere effettuato solo dopo il primo anno di vita, quando i danni neurologici possono essere già presenti.

Il team guidato dalla dottoressa Rebecca Ahrens-Nicklas ha sviluppato una terapia tramite “base editing”, una tecnica che consente di modificare in modo mirato una singola base del DNA. La terapia è stata somministrata in tre infusioni tra febbraio e aprile, con dosaggi progressivamente aumentati. Il trattamento mira a ristabilire la funzionalità dell’enzima CPS1, riducendo l’accumulo di ammoniaca nel sangue.

Il via libera all’uso sperimentale è arrivato dalla Food and Drug Administration in tempi rapidi, a seguito della documentazione fornita dai ricercatori. Il team aveva già lavorato su terapie simili per altri pazienti con mutazioni rare, senza però riuscire a completarle in tempo per l’uso clinico.

L’editing genetico Crispr è già stato applicato in precedenza a malattie con mutazioni diffuse, come l’anemia falciforme. Questo intervento rappresenta la prima applicazione clinica mirata a un singolo paziente, aprendo la possibilità a interventi personalizzati per malattie genetiche rare. I ricercatori sottolineano che il trattamento è ancora in fase iniziale e richiederà ulteriori monitoraggi per valutarne l’efficacia e la sicurezza nel lungo periodo.

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