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17 Febbraio 2022 - 08:44
Il secondo appuntamento di Moving Bodies, il cartellone nato dalla collaborazione tra Ogr e Fondazione Egri per la Danza, rappresenta una perfetta occasione per conoscere più da vicino colui che ne firma le coreografie. Si tratta, ovviamente, di Raphael Bianco, classe 1968, “socio d’affari” ma, soprattutto, erede di Susanna Egri. Quel bambinetto di origine indiana che all’età di 12 anni entrò da allievo nel cuore della ballerina di fama internazionale per uscirne collaboratore di fiducia. Creatività e preparazione le sue parole d’ordine, sperimentazione e studio i messaggi che emergono ogni volta di fronte a una coreografia della Compagnia di contemporanea EgriBiancoDanza. Sabato sera, nelle Sala Fucine, sarà la volta di “Scritto sul mio corpo”, accompagnato dal vivo dalle musiche dei BowLand e dalla recitazione di Silvia Giulia Mendola. Si tratta di uno spettacolo nato durante il lockdown dal progetto digitale “Racconta- Mi- Racconto” e, oggi, diventato un balletto corale. «Una sorta di preghiera profana dove c’è una comunità che si aggira in uno spazio vuoto verso una nuova via - racconta Raphael -. Ci si sveglia dal torpore e ci si trova in un nuovo spazio, in un mondo a cui ti devi riadattare».
E’ proprio quello che sta succedendo nella realtà... «Sì, questo è uno spettacolo totale che ha lo scopo di coinvolgere sul tema della ripartenza».
La danza e la sua grande forza comunicativa. Come si è innamorato di questa disciplina? «Da bambino, accompagnando mia sorella a lezioni di danza, giuro, è andata proprio così. La sua maestra, Rossella Del Mastro, si rese conto del mio amore per la musica e convinse mia mamma a farmi provare. Se non fossi mai arrivato in Italia, probabilmente il mio futuro sarebbe stato diverso...».
Ci racconti? «Sono nato a Bombay, ho vissuto lì fino all’età di due anni quando venni adottato. La mia famiglia mi ha sempre appoggiato nei miei studi di danza e se non fossi arrivato a Torino, forse, non sarei diventato un coreografo. Ho una famiglia adottiva speciale e, inoltre, anni fa ho potuto anche conoscere e abbracciare la mia mamma biologica che fu costretta a darmi in adozione».
E, oggi, porta la sua danza nel mondo... «Il mio è un caso strano. Dopo essermi diplomato all’Università della Danza per la Formazione Coreografica della Egri dove studiai classica e contemporanea, il mio primo concorso lo vinsi come coreografo all’età di 20 anni. La mia carriera da ballerino iniziò più tardi, all’età di 23 anni. Dal 2000 sono coreografo a tempo pieno, piano piano ho abbandonato la danza, mi piace guardare le opere dall’esterno. Mi alleno ancora, ma mi sto dedicando al lancio della compagnia sacrificando la strada del performer».
Le manca il palcoscenico? «No, non mi manca essere scena».
Cosa rappresenta per lei Susanna Egri? «Lei è una guida spirituale, lascia una libertà assoluta di creazione, inoltre, possiede una grandissima capacità di affrontare la vita come ha dimostrato più volte nel corso della sua esistenza. Ha passato la guerra, la morte tragica del padre a bordo dell’aereo del Grande Torino, ma non si è mai abbattuta».
Roberto Bolle ha denunciato più volte quanto l’Italia trascuri la danza, lei cosa ne pensa? «Penso che sia così, anche se Bolle parla di una realtà, la classica, che riguarda gli enti lirici verso i quali sì, c’è disattenzione ma, mai come nella contemporanea considerata ancora più di nicchia. Spero che presto avvenga almeno il riconoscimento della figura professionale del danzatore, non esiste ancora un contratto nazionale».
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