l'editoriale
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02 Giugno 2022 - 07:51
Undici mesi dopo, ancora Wembley ma è cambiato tutto. Perché sono tanti i reduci di quella sera che ha cambiato la storia dell’Italia calcistica ma nessuno di loro lo ricorda. Non c’era bisogno di questa partita, con differenze di intensità e voglia quasi imbarazzanti, per capire che il lavoro sarà ancora lungo. Ma c’era bisogno di una lezione così, che va oltre il 3-0 finale, per dimostrare che l’Argentina ai Mondiali reciterà da protagonista mentre l’Italia è meglio stia a casa.
Decisamente sperimentale l’undici iniziale, tra scelte tecniche e defezioni assortite, anche se Mancini non chiede a nessuno di giocare contro le sue conoscenze. Ma manca troppa qualità in mediana e in fascia, per pensare di potersela giocare alla pari e infatti non è così. I ritmi sono veloci da subito e aiutano a non far pensare che in fondo è per sempre un’amichevole. Poi però la differenza la fanno i singoli e a Messi basta una giocata per cambiare tutto: Di Lorenzo lo tratta con riverenza, lui ringrazia e confeziona un cioccolatino che Lautaro deve solo scartare. I tre argentini davanti si sciolgono e non fanno rimpiangere il prezzo del biglietto. I tre azzurri invece spariscono ed è quasi naturale vedere il bis: Lautaro, perso da Bonucci, imbuca e Di Maria, perso da Chiellini, scucchiaia. Manca un tempo ma è già finita e lo sano pure quelli in campo. Perché con i cambi l’Italia non si sveglia mentre l’Argentina continua a divertirsi e spreca più di una occasione per rendere ancora più evidente la differenza. Poi però ci pensa Dybala e qualcuno si morderà le mani. A Londra contava zero anche se la Fifa si è inventata una coppetta.
Sabato a Bologna contro la Germania, prima tappa della nuova Nations League, invece avrà un valore decisamente diverso. E qualcuno, Mancini compreso, si sta giocando il futuro. Ci saranno facce diverse da qui a settembre. Ma intanto la notte di Wembley è profonda e senza stelle. E sono passati solo undici mesi.
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