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Mourinho prepara già Roma-Juve: «Espulso perché Serra è di Torino»

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Marco Serra, prima che arbitro, è un consulente finanziario, ma è difficile che le sue azioni siano in crescita, in questi giorni. Dopo essere finito all’onore delle cronache per aver accettato, da arbitro “professionista”, di scendere in terza categoria per un Cus-Resistenza Granata, e alla gogna mediatica per un clamoroso errore in Milan-Spezia, adesso il fischietto torinese quarantenne incrocia la strada di Mourinho. E sono pochi quelli che ne sono usciti vivi... Mou, infatti, espulso contro la Cremonese, non si fa pregare per scatenare non il fuoco delle polemiche, ma un rogo devastante: «Non voglio entrare nella discussione sul fatto che lui è di Torino e noi giochiamo la prossima, che salterò, contro la Juventus». Ecco qua!

Cos’è successo Intanto la procura federale ha aperto un’inchiesta su quanto accaduto. Tutto parte da una protesta di Mourinho per un fallo non fischiato, giudicata degna del cartellino rosso: l’allenatore romanista sostiene che Serra, che era il quarto uomo, gli abbia detto «parole gravissime» - i vari siti sportivi ricostruiscono un «fatti i ca...i tuoi» al momento del fischio contestato, seguito poi da un «ti prendono tutti per il c... vai a casa» dopo il cartellino rosso -, il giudice sportivo, nel comminare all’allenatore portoghese due giornate di squalifica, parla di comportamento non adeguato e di intemperanze anche nello spogliatoio arbitrale. Insomma, pochi come Mourinho, mentre splende la luna della sconfitta imbarazzante, sanno far guardare il dito di una nuova polemica. E da qui a domenica non è ancora finita...

Solita storia D’altra parte, non esiste una partita fra Roma e Juve priva di veleni o polemiche. Un odio sportivo che nasce quando la Juve che infrange il tabù di campo Testaccio con un 2-3 nel 1930. Ma una tremenda vendetta si consuma l'anno dopo con un 5-0, che ispirerà il film di Mario Bonnard, con doppietta di Bernardini. Controreplica al fiele, un devastante 7-1 dei bianconeri nel '32 a Torino. Nel 1973, grazie alla 'fatal' Verona del Milan, la Juve vince lo scudetto con il 2-1 all'Olimpico, firmato da Cuccureddu. Ma si avvicinano i giorni delle liti. La Roma di Liedholm si presenta agguerrita alla sfida scudetto il 10 maggio 1981: Turone segna di testa, ma il gol è annullato per un fuorigioco che ancora fa discutere. La «questione di centimetri» evocata da Dino Viola, con tanto di righello regalato da Boniperti, fu lo spartiacque di una partita che divenne il derby dei veleni. La Roma vince lo scudetto del 1983, e sui muri della Capitale spunta la scritta: “Meglio uno scudetto da lupi che cento da Agnelli”.

Poi dopo un 5-0 nel 1990 con tris di Schillaci, nel '95 altre scintille: un guardalinee urta Aldair mentre rimette il pallone in gioco, assist per Ravanelli che segna: finisce 3-0 per i bianconeri. Quando la Roma di Capello vince lo scudetto 2001 con un fondamentale 2-2 im rimonta, è la Juve ad accusare: il gol del pari è di Nakata, giapponese in campo dopo che pochi giorni prima una norma federale ha ampliato le maglie degli extracomunitari utilizzabili. Nel 2004, protagonista è Totti: la Roma vince 4-0, e il Pupone mima a Tudor un "4 e a casa" con le mani. Poi, nel 2014, gol contestato di Bonucci: l’allenatore giallorosso Rudi Garcia mima il violino, Rocchi lo espelle. E la Figc accelera per l’introduzione del Var, pensando di arginare le polemiche. Ma ci vuol ben altro con volponi come Mou.

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