Cerca

L'INTERVISTA DELLA SETTIMANA

Da Valdocco al Toro, Edera cerca il lieto fine alla sua favola: "Voglio rialzarmi"

Le confessioni dell'ex granata dopo il grave infortunio e i 19 anni vissuti nel club

L'ex del Torino, Simone Edera

L'ex del Torino, Simone Edera

Partire dall’oratorio e arrivare nel calcio dei grandi: è il sogno di migliaia di ragazzini, ma solo uno su mille ce la fa. Anzi, pure decisamente meno, perché secondo gli ultimi studi si parla di un talentino che esplode in un range di cinquemila. Simone Edera ce l’ha fatta, ha toccato il cielo con un dito scrivendo una vera e propria favola: dal Valdocco al Toro, una storia durata 19 anni. Tutta la trafila nel vivaio granata, i primi passi in prima squadra, i primi gol tra i professionisti in serie A e in coppa Italia. Poi, il dramma del 7 maggio del 2021: la diagnosi è terribile e parla di “Rottura crociato anteriore, collaterale mediale, tendine rotuleo, sutura meniscale”. «Era come vivere un incubo, mi è crollato il mondo addosso» confessa in esclusiva al nostro giornale. La sua storia, però, comincia molto prima, a gennaio 2004. E ha deciso di raccontarcela tutta.

Edera, com’è iniziata con il Toro?
«Ero un bambino come tutti gli altri, uno di quelli che rincorre un pallone in oratorio e sogna il grande calcio. Avevo poco più di sei anni, gli osservatori del Toro mi videro a Valdocco e mi portarono in granata. E’ stato molto semplice, poi è cominciata la salita...»

In che senso?
«Entrare in un club importante come questo ti porta inevitabilmente a fare sacrifici e a crescere più in fretta, soprattutto mentalmente. A livello fisico, invece, ero picccolino e spesso andavo in seconda squadra, ho patito molto il passaggio dal calcio a 9 a quello a 11. Ma non ho mai mollato, ho lavorato a testa bassa e ho avuto anche la fortuna di trovare persone splendide».

A chi ti riferisci?
«In particolare sono due, Silvano (Benedetti, ndr) e Moreno (Longo, ndr). Con il mister era un rapporto bastone e carota, ma lo ringrazierò per sempre: è uno di quelli che ti sprona a dare il 110 per 100, non ti puoi mai risparmiare. E’ stato bello ritrovarlo anche in prima squadra, era proprio come in Primavera e secondo me è un pregio perché trattava i ragazzi come uomini. Benedetti? Lui per me è come un secondo papà, mi ha sempre supportato, aiutato e fatto crescere dentro e fuori dal campo: senza di lui non avrei nemmeno giocato a calcio. E tra i dirigenti devo ringraziare anche Bava, mi ha dato fiducia per il passaggio tra i grandi».

Tra gli allenatori, invece, hai avuto un rapporto speciale con Mihajlovic...
«Già, Sinisa...Ogni volta che ne parlo mi vengono i brividi. E’ stato un altro papà, mi ha dato tutto ed è sempre stato al mio fianco in bene e male. Mi ha dato tante opportunità, anche di sbagliare, lo ringrazierò per sempre. La sua perdita è stato un colpo al cuore, è difficile parlarne…(si commuove, ndr)».

Quali sono i momenti più belli vissuti con il Toro?
«Ce ne sono davvero tanti, in 19 anni ne sono successe di tutte...Il primo che mi viene in mente è lo scudetto con la Primavera nel 2015: la strada verso il dischetto del rigore decisivo sembrava infinita, poi quando ho visto la rete che si gonfiava è stato un delirio. I due gol tra i professionisti contro Roma e Lazio me li porto dentro, così come le chiacchierate con Don Aldo Rabino, un’altra persona fantastica e fondamentale per me».

Venendo al più brutto, invece?
«E’ inevitabilmente l’infortunio, è stato l’inizio di un incubo. Appena si è girato il ginocchio ho capito subito che si trattava di qualcosa di grave, era come se mi fosse scoppiato tutto. Mi è caduto il mondo addosso, ma ho trovato la forza per rialzarmi nonostante i dottori mi parlassero di un anno per il completo recupero. Adesso sto bene, mi sento in forma, ho tanta voglia di ricominciare e di riprendermi il tempo perduto. Purtroppo con il Pordenone non siamo riusciti a centrare la promozione in serie B, ma ho ripreso confidenza con il campo. Adesso cerco una società che mi dia fiducia, voglio tornare a divertirmi e ad essere felice: sono queste le tre cose fondamentali, voglio dare un lieto fine alla mia favola».

Cosa ti ha lasciato il Toro?
«Tantissime cose, perché 19 anni sono una vita e perché ti rendi conto che è davvero una famiglia. Non nascondo l’amarezza e il dispiacere per come sia finita, ma poi ripenso ai momenti belli che ho passato e mi torna il sorriso: il Filadelfia è un qualcosa di magico, a Superga si respira la storia di questo club. Sono orgoglioso di averne fatto parte e auguro il meglio a tutti i miei ex compagni».

Che prospettive vedi per la stagione che sta per iniziare?
«Spero che possano finalmente raggiungere l’Europa, se lo meriterebbero perché insieme a Juric stanno facendo un grande lavoro. Ho conosciuto il mister, lo ammiro perché è davvero una bella persona che ti dice le cose in faccia, e poi è un grande allenatore: è stato in grado di valorizzare tutta la rosa, dal primo all’ultimo giocatore».

Quali sono gli amici che ti ha regalato il calcio?
«Ho un rapporto strettissimo con Baselli, abbiamo legato molto negli anni vissuti insieme in granata e ancora oggi ci sentiamo quotidianamente. Anche con Parigini ci vediamo spesso, ho mantenuto i rapporti con Izzo, Segre e Bonifazi. Del Toro di oggi conosco molto bene Buongiorno».

A proposito, Alessandro ha appena rinnovato e può diventare la nuova bandiera granata.
«Se lo merita tutto, è un gran lavoratore e ha saputo imparare quando non veniva preso in causa. Ricordo quando Giampaolo lo usava quasi come un “cinesino”, un conetto, e gli diceva di guardare gli altri per crescere. E Bongio ha fatto proprio così, guardate dove è arrivato adesso: ha fatto dei miglioramenti incredibili, può diventare un punto di riferimento per tutto il Toro perché sa quali sono i valori del club. E anche in Nazionale può ritagliarsi uno spazio importante nel futuro degli azzurri».

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.