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Calcio
23 Giugno 2025 - 19:00
Una modifica di una sola parola nel nuovo decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri rischia di rivoluzionare il mondo dello sport professionistico in Italia. Come spiega l’avvocato Mattia Grassani sul Corriere dello Sport, il Governo ha approvato una misura che porta da cinque a otto anni la durata massima dei contratti per gli sportivi professionisti. Un cambiamento contenuto nell’articolo 11 del provvedimento, con l’emendamento alla norma chiave del D. Lgs. 36/2021.
Si tratta della prima vera revisione del limite temporale in quasi 45 anni, e ora le società sportive potranno vincolare un atleta fino a otto stagioni, trasformando le prestazioni degli sportivi in veri e propri asset di lungo periodo.
Per i club, questa estensione rappresenta un’opportunità strategica per proteggere i propri investimenti: potendo stipulare accordi più lunghi, potranno evitare di perdere giocatori a parametro zero o dover rinegoziare troppo presto i termini contrattuali. Dal punto di vista dell’atleta, però, si potrebbe ridurre la libertà di movimento e la possibilità di rivalutare il proprio valore sul mercato in tempi brevi.
Resta però in vigore un limite importante: gli ammortamenti dei cartellini – ovvero la suddivisione contabile del costo d’acquisto del calciatore – potranno ancora essere spalmati su un massimo di cinque anni, come impone la UEFA. Questo vincolo contabile è stato introdotto nel 2023 come risposta alle strategie del Chelsea, che aveva firmato contratti lunghissimi proprio per abbattere artificialmente il peso degli acquisti nei bilanci.
In ambito europeo, la UEFA ha chiarito che l’ammortamento massimo resta fissato a cinque stagioni, anche se il contratto dura più a lungo. Se un contratto viene rinnovato, è possibile ridistribuire l’ammortamento sulla nuova durata, ma comunque non oltre i cinque anni dalla data della proroga. È un modo per garantire parità di trattamento tra i club, evitando manipolazioni contabili.
La UEFA, tuttavia, non impedisce ai club nazionali di stipulare contratti più lunghi se le normative locali lo permettono. Quindi, le squadre italiane potranno sfruttare la novità interna, ma dovranno comunque rispettare i limiti europei nei conti ufficiali. In sintesi, si tratta di una riforma che può offrire vantaggi significativi ai club italiani – soprattutto in ottica valorizzazione e patrimonializzazione dei talenti – ma che non è priva di rischi. Da un lato, la maggiore durata contrattuale può garantire stabilità, dall’altro potrebbe aprire a situazioni di “prigionia sportiva” per atleti che vogliono cambiare aria.
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