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Quando il talento non basta: da Rabiot a Messi, il calcio delle sospensioni “per motivi disciplinari”

I casi storici di Tevez, Aubameyang ed Evra: quando il cartellino rosso non arriva dal campo ma dal club

Quando il talento non basta: da Rabiot a Messi, il calcio delle sospensioni “per motivi disciplinari”

Nel calcio moderno non esistono più intoccabili. Neppure quando ti chiami Adrien Rabiot che è recentemente finito fuori rosa al Marsiglia per una lite nello spogliatoio con il compagno Rowe. Ma non è la prima volta per l'ex Juve di essere nel centro del ciclone: il centrocampista francese, cinque anni fa, finì fuori rosa nella capitale francese non per ragioni tecniche, ma disciplinari poiché aveva rifiutato di prolungare il contratto e si era addirittura presentato in discoteca poche ore dopo l’eliminazione del club dalla Champions League. Punizione esemplare: allenamenti da separato in casa, niente partite, niente spogliatoio. Da quel momento, Rabiot è diventato un simbolo involontario di un nuovo fenomeno: le “sospensioni punitive” dei grandi campioni, sempre più frequenti nei top club europei.

Il nome più eclatante della lista è Lionel Messi, sospeso per due settimane dal Paris Saint-Germain dopo aver saltato un allenamento per volare in Arabia Saudita per motivi commerciali. Il club non ha esitato a punire anche il suo uomo immagine, vietandogli accesso al centro sportivo. Un segnale chiaro: nessuno può permettersi deroghe, nemmeno chi ha vinto otto Palloni d’Oro.

Ma Messi non è un caso isolato. La storia recente è piena di stelle “castigate” per comportamenti considerati irrispettosi o fuori dalle righe:

  • Mesut Özil: sospeso dal Fenerbahçe dopo uno scontro con l’allenatore. Mai più reintegrato, si ritirerà poco dopo.

  • Pierre-Emerick Aubameyang: tolto la fascia da capitano all’Arsenal e messo ai margini per essere tornato tardi da un viaggio in Francia. In poche settimane arriva la cessione al Barcellona.

  • Carlos Tévez: bandito dal Manchester City dopo aver rifiutato di entrare in campo in una gara di Champions League.

  • Roy Keane, Nicolas Anelka, Mario Balotelli, Ousmane Dembélé: nomi diversi, generazioni diverse, stesso destino – puniti per liti, ritardi, frasi fuori posto o gesti clamorosi.

  • James Maddison: escluso dal Leicester e “spento” dal sogno Europeo per una festa in piena pandemia.

  • Fino agli eccessi di Patrice Evra, sospeso per un calcio… assestato a un tifoso prima di una gara di Europa League.

La casistica è lunga, spesso grottesca. Ma il messaggio è serio: il talento non basta se manca la disciplina. I club, oggi, preferiscono perdere un campione piuttosto che lasciare impunito un atto di indisciplina che rischia di incrinare la coesione dello spogliatoio.

Ed è proprio su questa linea che si legge in controluce la punizione esemplare riservata a Messi, così come quella subita da Rabiot. Il calcio del XXI secolo chiede sì genio, ma pretende anche responsabilità. Chi non rispetta le regole, finisce fuori. Che tu sia una stella mondiale o un enfant terrible in rampa di lancio.

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