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09 Febbraio 2022 - 08:23
Se quel box dove aveva stipato 200 casse di cartone contenenti migliaia di rullini non fosse stato messo all’asta, a causa degli affitti non pagati, nessuno avrebbe mai scoperto il suo talento. A scoprirlo, invece, due anni dopo la sua morte (sopraggiunta nel 2009), fu John Maloof, un giovane ragazzo americano che a quell’asta aveva acquistato una delle casse. Sviluppando i rullini Maalof si sorprese per la potenza e la semplicità delle immagini riprese per le strade di New York, Los Angeles, Chicago. Fu così che fece conoscere al mondo Vivian Maier. È dedicata a una degli esponenti di spicco della “street photography” la mostra “Vivian Maier. Inedita” che si apre oggi nelle Sale Chiablese dei Musei Reali (rimarrà visibile fino al 26 giugno). “Inedita” è questa Vivian Maier nella mostra curata da Anne Morin (organizzata da Chroma Photography in collaborazione con i Musei Reali, la società Ares di Torino, la John Maloof Collection di Chicago e la Howard Greenberg Gallery di New York), perché inedite sono molte delle 250 immagini che la compongono. Tra queste una serie di scatti realizzati durante il viaggio che la fotografa americana fece in Italia, nell’estate del 1959, in particolare a Genova e a Torino. Di Torino il suo obiettivo ha colto le mura romane, il fronte del Duomo con la Cappella della Sindone e il campanile, il mercato di Porta Palazzo. «La scoperta del nucleo italiano, in particolare torinese, avvenuta quest’anno - spiega la direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella - è stata l’occasione per proseguire la collaborazione dei nostri Musei con la Società Ares e per presentare nelle Sale Chiablese una nuova mostra fotografica».
Bambinaia di professione e fotografa per passione, la Maier, percorrendo le strade delle città, privilegia, come sottolinea la curatrice Morin, «gli istanti residuali della vita sociale cui nessuno presta attenzione. Fotografa il disotto, l’accanto, quello che generalmente non si nota, quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla, se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto e delle nuvole». La “tata fotografa”, come viene chiamata, si sofferma anche sui ritratti sugli autoritratti, sui gesti, sul mondo dell’infanzia, da lei così ben conosciuto, e dei bambini documenta volti, smorfie, emozioni, espressioni, giochi.
Giunta a Torino dopo la prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi, la mostra si completa con dieci filmati in formato Super 8, due audio con la voce dell’artista, vari oggetti che le sono appartenuti, come le sue macchine fotografiche Rolleiflex e Leica, e anche uno dei suoi cappelli.
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