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TEATRO STABILE
21 Maggio 2023 - 10:29
L'attore Ettore Bassi porta in scena "Il mercante di luce"
«Doveva lasciargli un dono, il più grande possibile - scrive Vecchioni nel suo romanzo -, oltre la felicità o l’infelicità, l’amore e il disamore, il destino e Dio, la casualità inspiegabile di nascere e morire. E il dono è l’orgoglio di essere uomini e di vivere con questa rivelazione: perché non importa quanto si vive, ma con quanta luce dentro». È il dono che il padre lascia a un figlio che non ha futuro, ma è anche la luce che il figlio lascia al padre perché continui a vivere nonostante il dolore, nonostante tutto. Entrambi, padre e figlio, sono “mercanti di luce”, così li definisce Roberto Vecchioni nel suo libro edito da Einaudi nel 2014, vincitore del Premio Cesare Pavese 2015 e diventato poi una pièce teatrale di successo con l’adattamento e la regia di Ivana Ferri e l’interpretazione di Ettore Bassi. Presentato in prima nazionale nel febbraio dello scorso anno al Teatro Carignano e prodotto dal Tangram Teatro, “Il mercante di luce”, tratto dall’omonimo romanzo del cantautore e scrittore lombardo, va in scena domani sera (ore 19,30) al Teatro Gobetti dove replicherà fino a domenica 28 maggio. Ed è sempre l’attore barese, volto noto di tante fiction di successo, da “Il maresciallo Rocca” a “Carabinieri”, “Un posto al sole”, “Svegliati amore mio”, a dare voce e volto a Stefano Quondam, professore di letteratura greca, il cui figlio, Marco, affetto da una rarissima malattia, la progeria (malattia che porta ad un invecchiamento precoce), è ormai giunto al termine della sua brevissima vita. Accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo di Massimo Germini, Bassi/Stefano tenta di spiegare al figlio il senso della vita, quello che lui individua nella poesia. Per questo lo accompagna alla scoperta della bellezza racchiusa nei grandi classici, da Omero a Saffo, Sofocle, Euripide, in un viaggio che fa riflettere sull’esistenza e sull’idea del bello. «Padre e figlio - dicono dalla compagnia - percorrono insieme un ultimo tratto di strada, con un pathos degno della grande tragedia antica. I personaggi, finemente analizzati, si offrono a noi con tutte le loro fragilità. Entrambi, in modi diversi, sentono di non appartenere all’eterna ruota dell’esistenza. Stefano Quondam, un Don Chisciotte che non ha mai smesso di combattere una testarda battaglia contro la stupidità e l’omologazione, è prigioniero di un grande sogno, per il quale è capace di distruggere il bene che ha intorno. Marco, invece, assomiglia sempre più ad un’anima, non ad un ragazzo, costretto dalla sorte a costruirsi una realtà parallela fatta di momenti felici e vittorie invisibili». Della bellezza della poesia si nutrono entrambi, tanto che Stefano dirà al figlio: «Marco mio, non sono io, sei tu il mercante di luce».
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