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Il saggio di Francesca Coin

Il lavoro? Potete tenervelo: noi scegliamo la vita

Ecco perché il fenomeno delle Grandi Dimissioni è arrivato anche in Italia e il ricatto delle imprese non funziona più

Il lavoro? Potete tenervelo: noi scegliamo la vita

Riuscite a immaginare i due terzi dell’Italia che danno le dimissioni? Quaranta milioni di lavoratori che danno le dimissioni? In tutta Italia non abbiamo neppure un numero simile di lavoratori. Ed è il numero di persone che, in un solo anno, hanno presentato le dimissioni negli Stati Uniti. Li chiamano «Quitters» e il loro è il fenomeno delle cosiddette Grandi Dimissioni, esploso in maniera netta dopo il periodo pandemico, partendo dalla sanità per estendersi poi a ogni settore. E non è un “problema” americano, anzi: anche l’Italia lo sta affrontando, ma la risposta del mondo produttivo, con la complicità dei media troppo semplicistici, è che «è colpa del reddito di cittadinanza», oppure «non hanno più voglia di lavorare».

Per capirlo, sfuggendo alla eccessiva semplificazione, avevamo già avuto il bel libro di Sarah Jaffe “Il lavoro non ti ama”, ma mancava qualcosa sulla situazione italiana: ci ha pensato Francesca Coin, docente con molti anni di esperienza in Inghilterra, in Svizzera, con “Le grandi dimissioni” (Einaudi, 17,50 euro), un’analisi del rifiuto del lavoro - di certo lavoro, della tossicità di un sistema dannoso per tutti - che parte dalle storie di lavoratori, dal collettivo di fabbrica GKN, al mondo della sanità in fuga, a quello della grande distribuzione. «Uno sciopero collettivo» è stato detto.
Francesca Coin cita una storia che arriva da Mirafiori: «Ricordo di aver letto la storia di un operaio della Fiat che diceva che avrebbe voluto abolire il lavoro, perché preferiva rimanere a casa a fare l’amore». L’esatto contrario della narrazione che ci dava un Celentano filo-sistemico, magari frainteso, nel pieno del periodo dei grandi scioperi: una narrazione distorta nel corso degli anni, forse, a partire dalla celebrazione di un episodio - la Marcia dei quarantamila, che quarantamila non erano - che di fatto ha disintegrato l’autorità del sindacato, per proseguire con la celebrazione del successo yuppistico, la bugia del «fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno nella tua vita». Tutte bugie che ci hanno raccontato?

«È che la vita non è una merce. La ricchezza non è il denaro. Perciò le persone rifiutano di lavorare: per vivere. I ricchi ci rubano il tempo per vivere» ha scritto Francesca Coin. Quindi, noi ai contratti in nero, al lavoro sottopagato, a mobbing e sfruttamento. Ma no anche ai sacrifici a senso unico, al precariato, alla mercificazione del lavoro e della vita della gente.
Si tratta di posizioni niente affatto estreme: certo, la pandemia ha cambiato le priorità di tanti, ha squarciato un velo. Medici e infermieri hanno pagato un prezzo altissimo, «si sono sentiti mandati al macello», tanto da manifestare, ancora a distanza di tempo, gli stessi sintomi dei reduci del Vietnam.

«La corda si è spezzata», ci avvisano. E non ci sono solo i lavoratori: ci sono premier e persone di governo che lasciano, come Jacinda Ardern in Nuova Zelanda, ci sono sportivi che rinunciano anche a una Olimpiade per sfuggire a un meccanismo che stritola, come Simone Biles. Dal supermercato di quartiere alla Silicon Valley l’epidemia - qualcuno usa questo termine, sì - è ormai inarrestabile: si lavora per vivere, no? Qualcuno ci ha fatto credere che si possa lavorare per vivere. Il libro di Francesca Coin è necessario per capire l’assoluto bisogno di una politica nuova del lavoro, qualcosa che esca dall’arroganza di chi dice a un lavoratore «ne trovo mille come te». Ecco, improvvisamente quei mille non ci sono più: hanno cominciato a dire «preferisco vivere». Ricordando che le Grandi Dimissioni non sono il «problema», sono un sintomo.

LE GRANDI DIMISSIONI

Francesca Coin

Einaudi

17,50 euro

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