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Al Circolo dei Lettori
21 Ottobre 2023 - 21:18
«Non voglio dare lezioni a nessuno, e non scrivo per rendere il mondo un posto migliore: se il lettore prova piacere nel leggermi, per me è più che sufficiente, non ho altre intenzioni». Così Bret Easton Ellis al Circolo dei Lettori di Torino, intervistato da Diego De Silva nell’ambito di un appuntamento del nuovo festival letterario Radici, finanziato dalla Regione Piemonte e diretto da Giuseppe Culicchia, che di Ellis è il traduttore italiano.
“Le schegge” (Einaudi, 23 euro, traduzione di Giuseppe Culicchia), il nuovo romanzo - dopo 13 anni - dell’autore di American Psycho, libro cult degli Anni Ottanta che consacrò il romanziere tra i grandi narratori Usa quando aveva solo vent’anni, è molto diverso dai precedenti. Ellis lo ha spiegato a una platea di fan adoranti che alla fine dell’incontro hanno pazientemente atteso il loro turno per il firmacopie in una fila che si snodava fino a fuori dalla sala. «American Psycho - ha detto l’autore oggi quasi sessantenne - era un libro molto rabbioso, che rifletteva il me di allora, arrabbiato con il mondo. Lo avevo scritto per esprimere la mia rabbia per il fatto di diventare adulto in una società che non mi piaceva. Ma è un libro che non riscriverei mai ora, perché oggi non mi sento più in quel modo». «Un romanzo - ha sottolineato Ellis - è un processo molto emotivo, non una cosa che tu decidi di scrivere un bel giorno. Ci vogliono anni: ci sono idee che mi girano in testa per molto tempo, che mi danno fastidio, e di solito hanno a che fare con il dolore. Con i miei libri in un certo senso tiro fuori il mio dolore, lo faccio a pezzi, e capisco un certo periodo della mia vita. Ho iniziato “Le Schegge” nel 1982 quando avevo 18 anni. Poi però l’ho messo da parte, forse perché allora non ero in grado di scriverlo. Poco prima del lockdown ho cominciato a chiedermi che fine avessero fatto gli amici che avevo al liceo, il primo ragazzo con cui avevo fatto sesso. Allora ho cominciato ad aprire la porta e ho lasciato tornare i ricordi».
«Non scrivo per un lettore, né per un editore - ha chiarito il romanziere - scrivo per hobby. Sono uno scrittore emotivo, non particolarmente intellettuale. Mi piacciono il mistero e l’horror. Mi piace che nei miei romanzi ci sia una certa reticenza, come succede nella vita. I lettori mi chiedono sempre se il personaggio ha fatto o non fatto una certa cosa, ma io non lo so: alle volte penso di sì, altre di no. Se il lettore è intelligente capisce quello che sta succedendo. A me piace che un libro non dia tutte le risposte, che lasci alcuni segreti. È una storia di formazione che riguarda un gruppo di amici di 17 anni ai quali accadono anche delle cose terribili. Non è certo un giallo alla Agatha Christie, dove tutto viene spiegato».
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