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Una voce su nastro è il testamento (involontario) di Russell Banks

"La terra della magia" fra epica americana, ascesa e caduta

Una voce su nastro è il testamento (involontario) di Russell Banks

Tutti gli Eden, i paradisi in Terra, nascondono un serpente tentatore e di conseguenza la caduta. Harley Mann ha dodici anni quando incontra la comunità degli Sharkers e ne intravede un mondo di magia, di grande opportunità. Oltre mezzo secolo dopo, Harley è un uomo ricco, che ha l’urgenza di raccontare la propria storia. Compra così un registratore a bobine Grundig TK 46 e inizia a incidere su nastro i propri ricordi, le proprie avventure.

Tempo dopo, quelle bobine sono abbandonate in uno scatolone fradicio d’acqua tra i rifiuti di una biblioteca. Un uomo le trova, se ne incuriosisce e, di nascosto, se le porta a casa. Tempo dopo, inizia ad ascoltare quelle registrazioni, proprio un vecchio Grundig come quello usato dal vecchio Mann. E nasce il romanzo.

“La terra della magia” (Einaudi, 20 euro, traduzione di Francesco Pannofino) è l’ultimo romanzo, non in ordine di scrittura, del grande Russel Banks, scomparso poco tempo fa. Un romanzo in cui Banks usa il trucco del ritrovamento delle bobine e della volontà di trascrivere fedelmente le parole di Mann per tracciare una mirabile epica dei sogni, che parte dall’epoca in cui Orlando, in Florida, non era altro che un agglomerato di paludi, mentre oggi è la realtà di uno dei più grandi parchi della Walt Disney.

Un’epica molto americana, nel senso che al sogno si accompagna l’umana disgrazia, la caduta all’ascesa, come è naturale. Disillusione e avventura lungo strade di motel con tv via cavo e pick up, furgoncini e comunità di sognatori guardati con sospetto. L’eredità di un grande scrittore, pur senza esserlo davvero.

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