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IL CONCERTO

Tra note e ricordi: Mimmo Locasciulli live al Folkclub

Una serata di emozioni sincere e melodie avvincenti: "Ecco sa mi lega a Torino"

Tra note e ricordi: Mimmo Locasciulli live al Folkclub

Mimmo Locasciulli stasera in concerto al Folkclub

Un titolo dal sapore proustiano per ridare un’anima alla musica. S’intitola “Alla ricerca del sentimento perduto”, il live per voce e pianoforte che Mimmo Locasciulli, abruzzese di nascita ma romano da tempo, porterà questa sera dalle 21,30 tra gli scantinati del Folkclub. Cresciuto tra le pareti del mitico Folkstudio, il locale romano sul cui palcoscenico esordirono anni prima Francesco De Gregori e Antonello Venditti, medico di professione e musicista per con una affinità elettiva verso un mito come Tom Waits, Locasciulli racconta un vita tra i tasti bianchi e neri.


Qual è il suo sentimento perduto?
«È un concetto che applico alle canzoni, non un discorso generale, anche se non posso fare a meno di notare come i ragazzi di oggi cerchino l’appagamento immediato, mentre io ho corteggiato mia moglie per due anni».
Perché sente l’esigenza di esprimersi voce e pianoforte?
«È la musica stessa a richiederlo. Non sono un professionista e quando arriva l’ispirazione devo assecondarla, magari sto tanto tempo senza scrivere, e ogni tanto capita che io mi metta al pianoforte. Quando arriva non so trattenermi. Comincio a lavorare su una frase musicale che rimane come sospesa. Infine mi escono le parole che canto in un finto inglese».
Cosa si aspetta dal concerto di stasera?
«Sono abituato a non avere particolari attese. Non mi aspetto niente. Quando ho cominciato ad esibirmi al Folkstudio, poteva capitare che mi esibissi anche per un solo spettatore e dovevo stare sul palco per convincerlo».
In “Intorno a trent’anni” parla di una generazione che ha girato l’Europa e l’America. Cosa voleva dire?
«Quello è un brano figlio del suo tempo. In generale, riprendendo Bob Dylan dico che ero molto più vecchio allora, mentre sono molto più giovane adesso. Non ho paura di ricominciare».


Cosa la lega a Torino?
«Trovo che sia molto più viva socialmente in questo ultimo periodo. Quando venivo in città con Francesco De Gregori negli anni Ottanta, dopo il concerto, ripartivamo subito. È un tesoro che non ha paura di mostrare la propria bellezza. Il Folkclub mi ricorda molto l’atmosfera del Folkstudio. Sono stato molto legato a Franco Lucà».


Cosa pensa della musica di oggi?
«Sono amico di Frankie Hi Nrg e Caparezza, che considero poeti, ma i testi dell’hip-hop oggi mi sembrano poveri. Stesso discorso per Sanremo. Una volta ci si andava solo avendo qualcosa da dire. Io ho partecipato nel 1985 e c’erano artisti come Mango, i New Trolls, Garbo, Zucchero, Mango, i Matia Bazar. I talent? Sono tritacarne nei quali un rifiuto o un insuccesso può stroncare una carriera». 

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