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Sott'acqua

Davide Carrera, campione del mondo di apnea grazie a: «Yoga, meditazione e resilienza»

L’atleta sarà a Val della Torre il 9 e 10 dicembre per una masterclass dedicata all’equilibri fisico e spirituale

Davide Carrera

Davide Carrera, torinese classe 1975

«L’unica profondità che davvero conta è quella interiore». Parole che accarezzano le coscienze in un’era in cui sembrano non avere importanza neppure i valori umani basilari. Sono le parole di Davide Carrera, torinese, classe 1975, un vanto per la città e per l’Italia intera in quanto campione di apnea, detentore di 2 titoli mondiali, 3 record del mondo e 17 record nazionali. Una vita sott’acqua per rimanere sempre in cima. Una vita fatta di sacrifici, sforzi fisici e psicologici affrontati attraverso lo yoga, la meditazione, la cura dell’alimentazione. Davide, da anni residente in Andalusia dove quotidianamente si allena, tornerà nella sua Torino il 9 e 10 dicembre ospite dell’Asd Sottacqua di Venaria e il Cenro Yoga Rivoli per una masterclass presso il Valdhotel di Val della Torre. Ma prima abbiamo cercato di carpire i segreti di un atleta davvero unico nel suo genere.

Davide, come si diventa campioni di apnea?
«Sono nato a Torino e cresciuto a Riva presso Chieri, ma da bambino trascorrevo tutta l’estate ad Andora. Ho iniziato a fare apnea giocando, poi, in inverno praticavo nuoto. A 18 anni conobbi Umberto Pelizzari (detentore del titolo mondiale, ndr) e la mia vita cambiò».

E divenne anche lei campione del mondo...
«Sì, nel 1996 e nel 2001».

Senza parlare dei record a 130 metri di profondità in mare.
«In apnea ci sono varie discipline indoor, sono su tempo o distanza orizzontale, e poi c’è il mare, l’outdoor. Io mi dedico al mare perché con esso riesco a stabilire un rapporto spirituale con la vita».

Come prepara il suo fisico?
«Seguo una dieta sana, mi faccio l’orto, non sono vegetariano ma la mia dieta prevede prevalentemente cereali, ho le galline per le uova, ovviamente non fumo e non bevo».

Cosa la spinge a fare tutti questi sacrifici?
«La cosa che più mi motiva è trasmettere un messaggio, soprattutto ai giovani, legato all’importanza di vivere una vita sana fatta di valori e preghiera. I risultati vengono con impegno, lavoro, costanza, l’approccio alla vita deve essere spirituale».

Per questo pratica yoga e meditazione? E’ buddista?
«Non sono buddista, sono fan di Budda, di Gesù, di Maometto, di tutti. Non essere buddista, sii budda, non essere cristiano, sii Gesù».

Parlerà di queste cose durante la sua masterclass?
«Sì. La profondità la ottieni con le gentilezza. Riuscire ad arrivare a 130 metri di profondità in 3 minuti e 20 secondi è un lavoro fisico quanto spirituale».

Cosa prova quando è laggiù?
«E’ come se facessi l’amore con l’universo. Provo pace e piacere».

Non ha mai avuto paura?
«Sì, spesso, soprattutto nel momento della discesa. Si rischia di andare nel panico, a questo servono lo yoga e la meditazione».

Qual è stato il momento preciso in cui ha deciso di dedicarsi solo all’apnea?
«Dopo avere sognato Don Bosco, mi disse: realizzati nello sport e avvicinati alla religione. Ed è quello che ho fatto».

La sua giornata tipo?
«Mi sveglio presto, vivo in un camper, accendo irrigazione per l’orto, pratico yoga, porto mio figlio di 14 anni a scuola e, poi, in base al tempo, mi alleno in mare o in piscina. Il pomeriggio mi dedico all’orto, corro, mi alleno ancora».

Ha avuto periodi di sconforto?
Tanti, la gente immagina che la vita di un campione sia tutta rosa e fiori invece no, non è così. Un campione ha pazienza, resilienza e deve sempre sapersi rialzare».

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