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Dallo stupro di gruppo alla giustizia negata: "Wonder Woman" al Teatro Astra sfida il sistema

Da giovedì 11 gennaio lo spettacolo di Antonio Latella che si ispira a un fatto di cronaca avvenuto nel 2015

Dallo stupro di gruppo alla giustizia negata: "Wonder Woman" al Teatro Astra sfida il sistema

Una scena delle prove dello spettacolo "Wonder Woman"

“Bella come Afrodite, saggia come Atena con la velocità di Mercurio e la forza di Ercole”. Così lo psicologo William Marston aveva immaginato la sua creatura, quella Wonder Woman, diventata prima eroina femminile dei fumetti. Ed eroina contemporanea è la “Wonder Woman” di Antonio Latella e Federico Bellini, quella che andrà in scena da giovedì 11 a domenica 21 gennaio al Teatro Astra di Torino, nella produzione del Teatro Piemonte Europa e per la regia dello stesso Latella. Lo spettacolo si ispira a un fatto di cronaca, a un personaggio vero, una ragazza 22enne peruviana che ad Ancona nel 2015 rimase vittima di uno stupro di gruppo da parte di suoi connazionali. Questa contemporanea eroina non era “bella come Afrodite” come la Wonder Woman di Marston, anzi proprio la sua mancanza di avvenenza fece sì che per i giudici passò da vittima a imputata. La Corte d’Appello, infatti, mandò assolti gli stupratori perché la ragazza risultava “troppo mascolina” per essere attraente e causa di violenza sessuale.

Latella e Bellini ripercorrono la vicenda che suscitò molto scalpore per la motivazione della sentenza, poi fortunatamente ribaltata nel successivo grado di giudizio, affidando il racconto a quattro donne: MariaChiara Arrighini, Giulia Heathfield Di Renzi, Chiara Ferrara e Beatrice Verzotti. “Vichingo”, così era soprannominata la ragazza, diventa una Wonder Woman che, come nel fumetto creato da William Marston, sembra essere parte di quelle Amazzoni costrette a combattere contro gli uomini oppressori guidati da Ercole.

«La scrittura del testo si muove provando a ricostruire con l’immaginazione non solo il fatto in sé, quanto i continui ostacoli affrontati dalla ragazza per provare ad affermare la propria verità - spiegano gli autori -. Un flusso di parole, spesso senza punteggiatura, che pare assecondare il ritmo, il battito cardiaco e il susseguirsi dei pensieri della giovane, sottoposta a interrogatori o richieste che sembrano non tener conto del trauma subito e del dolore provato».

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