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L'intervista
17 Gennaio 2024 - 05:00
Francesca Fialdini, Massa, 11 ottobre 1979
La battaglia più dura che un giovane essere umano si possa trovare a dover combattere è quella contro il proprio corpo, contro se stesso. E il modo più crudele di farlo è quello di usare il cibo come mezzo per ferirsi, per annientarsi fino ad arrivare a scomparire e a non soffrire più. Il tema dei disturbi alimentari (anoressia, bulimia, bindge eating) è al centro del libro dal titolo “Nella tana del coniglio” (Rai Libri) che la giornalista Francesca Fialdini, volto noto Rai (“Da noi... a ruota libera”), presenterà oggi pomeriggio alle 18,45 presso il Sermig di Torino (Arsenale della Pace, piazza Borgo Dora 61) ospite dell’Università del Dialogo. Ma il libro per la Fialdini, scritto con l’aiuto dello psichiatra Leonardo Mendolicchio, rappresenta solo la ciliegina sulla torta di un progetto che da anni porta avanti nei confronti della lotta contro i disturbi alimentari attraverso la trasmissione cult di Raitre, appunto, “Fame d’amore”.
Se c’è una cosa che mi fa male più di altre è vedere gli influencer usare le proprie vite (famiglie, figli) per vendere prodotti alternando foto di loro in lingerie a quelle dei bambini. Dovrebbe esistere una regolamentazione
Perché ha iniziato a trattare il tema dei disturbi alimentari?
«Quella del disturbo alimentare è una emergenza e se ora se ne inizia a parlare si tratta di un fatto positivo perché recepire il disagio giovanile anche nella malattia mentale è una buona notizia - ci racconta la Fialdini -. C’è ancora molto da fare perché in famiglia ci si vergogna a dire che una figlia ha tali problemi».
Un problema che riguarda tanto le ragazze quanto i ragazzi.
«Ritengo, dopo aver seguito e continuando a preparare le storie di ragazze e ragazzi (nel libro sono Martha, Benedetta, Giulia, Valentina, Marco e Anna) che lottano per uscire da un tunnel fatto di angosce, paure, speranze, entrando nelle loro vite, in quelle delle loro famiglie e delle equipe di due strutture d’avanguardia che li hanno seguiti, che bisogna imparare ad ascoltare guardare rieducare. Questi giovani sono affamati di amore, attenzione, non è un caso se sono sui social, si mettono sul palco».
Lei ha lavorato tanto al progetto “Fame d’amore”, che idea si è fatta, è vero che dietro a ogni disturbo si nasconde un malessere affettivo?
«Nel mondo un individuo su tre soffre di un disturbo mentale. Diciassette milioni di persone, solo in Italia. Si ammalano principalmente i giovani: tre volte su quattro, i primi sintomi compaiono entro i 25 anni di età. E con la pandemia, gli adolescenti che soffrono di depressione o di ansia sono raddoppiati. Per questo motivo in questo contesto “Fame d’Amore”, la docuserie racconta i disturbi del comportamento alimentare, allarga il suo campo d’azione per indagare tutti quei problemi psichici che stanno registrando livelli mai visti soprattutto tra i ragazzi».
Quanto i modelli che i giovani seguono oggi (perfezione, denaro, bellezza) influiscono sulla nascita di questi disturbi?
«Questa continua gara per l’estetica, per mostrare il corpo lo trovo dannoso, violento, aggressivo. Se c’è una cosa che mi fa male più di altre è vedere gli influencer usare le proprie vite (famiglie, figli) per vendere prodotti alternando foto di loro in lingerie a quelle dei bambini. Dovrebbe esistere una regolamentazione».
«Nei casi di anoressici o obesi, la guarigione si vede solo sul lungo periodo, non sugli effetti sul corpo, che sono i primi ad arrivare. Io volevo vedere se ci fosse una maggiore consapevolezza e l’ho trovata nella maggior parte dei casi, ma ci sono alcuni tra loro che continuano a lottare e chi, a causa del Covid, è anche peggiorato».
Lei ha sofferto, anche in minima parte di questi disturbi durante l’adolescenza?
«Non ne ho sofferto direttamente, ne ha sofferto la mia migliore amica La sua è una di quelle storie che mi porterò per sempre dentro e stanno».
Conosce il Sermig?
«Certo da quando sono ragazza, ho un bellissimo rapporto con Ernesto Ferrero e con tutti i volontari che ne fanno parte».
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