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Il personaggio

«Sì, ho dato la voce a Carlo III e adesso tutti mi chiamano re»

L’attore torinese Andrea Beltramo è uno dei doppiatori di “The Crown”

Dominic West Andrea Beltramo

Dominic West nei panni di Carlo e Andrea Beltramo

Peter Morgan è stato categorico. Con “The Crown” 6 si chiuderà per sempre la saga tv della famiglia reale inglese. Il suo creatore l’ha reso ufficiale: basta così. Ma, nonostante questo, la serie Netflix dei record, una delle più riuscite e premiate della piattaforma, rimarrà a lungo nell’immaginario collettivo dei suoi tantissimi fan. “The Crown” è una mania, un universo magico reso ancora più affascinante e catartico dalla sua verosimiglianza con i fatti reali. «E io ne so qualcosa, per molti non sono più Andrea, per molti sono Carlo». Già, quel principe, oggi re, che in tv viene impersonato dal bravissimo Domic West cui dà voce proprio Andrea Beltramo, attore e doppiatore torinese classe 1974. Lo abbiamo incontrato per capire cosa significhi per lui un’esperienza così importante che l’ha reso ancora più famoso, di quel che già era, grazie ai suoi tanti lavori teatrali e alle fiction (“Centovetrine”, “Don Matteo”).

Senza contare...
«Sì, l’Albero Azzurro. Lo conduco dal 2003 e adesso, messa in soffitta “The Crown”, mi ci dedicherò anima e corpo tornando nei panni di Andrea».

E’ vero che qualcuno la chiama Carlo?
«Sì, ormai dopo due stagioni sono in tanti a riconoscermi a scrivermi, è la prima volta che mi capita di essere così legato a un personaggio. Quando è stato proclamato re, gli amici e i fan non mi hanno risparmiato battute».


Com’è stato lavorare per questa stagione?
«E’ stata un’esperienza decisamente nuova, molto più interessante, ci prepara al fatto che sarà lui a regnare. Che diventerà re. Inoltre, ho trovato il personaggio cambiato rispetto alla quinta stagione. Abbiamo visto un Carlo che si emoziona in grado di prendere in mano le sorti della famiglia e abbiamo visto un Carlo papà».


Che idea si è fatto della loro intimità?
«Il rapporto di Carlo con i suoi figli mi ha fatto riflettere. Io ho un figlio di 11 anni, ho pensato molto alla vita di questi ragazzi in queste case un po’ cupe, forse anche loro hanno trascorso un’infanzia non troppo felice».

Qual è un’altra serie a cui è legato?
«“Palpito”, ha avuto un gran successo su Netfliex, facevo la parte di un cattivo...».

Lei insegna doppiaggio, cosa si aspettano i suoi allievi?
«Sì, insegno alla Ods di Torino. I giovani si aspettano di lavorare, non desiderano altro».

E com’è la situazione in Italia?
«Il settore del doppiaggio è stato danneggiato dallo sciopero delle maestranze in America, adesso sembra che ci siano stati assestamenti. Il futuro del doppiaggio, inoltre, è minacciato dall’intelligenza artificiale, anche se vedo molto difficile che una macchina possa arrivare dove arriva un attore, inoltre è priva di empatia. Ho seguito alcuni esempio e, secondo me, l’IA presenta molti limiti. Torino è un polo di eccellenza del doppiaggio con i suoi grossi studi, l’Ods e il Delta».

Come ha fatto a “diventare” Carlo?
«Ho guardato molte scene di Dominic West in inglese. Lui è un attore fantastico, molto espressivo. All’inizio non è stato facile poi, è diventato automatico doppiarlo».

Cosa c’è nel suo futuro prossimo?
«Dopo Aghata Christie tornerò presto al Gioiello con “In fuga con il malloppo” di Claudio Insegno».

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