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22 Febbraio 2024 - 05:00
Margherita Buy in una scena
«Dopo tante parti serie e anche dolorose, che ti restano addosso, avevo voglia di una commedia. Volevo essere buffa e spensierata, è una parte di me che conoscono poche persone, amo scherzare e ridere di tante cose: così me la sono scritta e me la sono diretta»: è una Margherita Buy felice e soddisfatta quella che stasera (22 febbraio) sarà al Cinema Massimo alle 20,30 per incontrare il pubblico in sala per la sua opera prima da regista, “Volare” (biglietti 7,50/5 ).
Dopo averlo presentato, insieme alla rivale (nel film) Elena Sofia Ricci, sul palco del Festival di Sanremo, lo sta ora accompagnando in giro per l’Italia: “Volare” racconta una delle sue vere paure e come ha deciso di affrontarla.
«Ho scoperto che è molto comune aver paura del volo: io ho provato a superarlo - ma non so se ci sono riuscita del tutto - e mi divertiva molto l’idea di raccontarlo: per questo ho voluto un bel gruppo di colleghi con me».
Margherita, dopo tanti film da attrice è la sua prima volta dietro la macchina da presa: come mai ora?
«Non era una mia priorità, lo ammetto. Con Doriana Leondeff e Antonio Leotti abbiamo scritto un testo a nostro parere divertente, che racconta una delle paure più diffuse al mondo. La protagonista si trova a condividere il suo terrore con un gruppo di sconosciuti, diversissimi da lei ma profondamente simili perché accomunati dallo stesso problema».
L’esperienza da regista è stata come la immaginava?
«L’ho affrontata in maniera naturale, senza enfatizzare troppo il ruolo. Naturalmente è stato faticoso ma devo dire non impossibile, anche perché mi sono trovata molto bene con gli attori e con la troupe».
Accanto a lei un cast corale in cui appaiono anche Anna Bonaiuto, Giulia Michelini, Francesco Colella e sua figlia Caterina De Angelis: come li ha scelti?
«La maggior parte di loro li conoscevo già, li avevo ancor prima pensati mentre scrivevo e hanno aderito tutti, sono stata fortunata. Ho fatto i provini solo per alcuni ruoli con colleghi che conoscevo meno come Hamed Afiene e Matteo Oscar Giuggioli. Hanno tutti anche tenuto duro con me, nei film ci sono sempre momenti difficili ma loro mi sono rimasti fedeli, è stato importante».
Oggi torna a Torino, città in cui è spesso ospite e in cui ha anche iniziato la sua carriera: che ricordi ne ha?
«Ricordo che era il 1986, ho partecipato giovanissima a una serie tv che si intitolava “Diciottanni - Versilia 1966”, i cui interni si giravano a Torino negli studi Rai, era una delle prime produzioni anche per loro. Ero stata come “deportata” sotto la Mole per questo lavoro e mi avevano messo a dormire in un quartiere in cui mi dicevano si facessero esorcismi e cose simili... avevo una paura pazzesca a rientrare a casa. Poi per fortuna sono tornata tante altre volte in condizioni migliori».
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