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Il caso
13 Agosto 2024 - 15:17
Gino Cecchettin e la copertina del libro
Il telefono del Forte di Bard continua a squillare. Le prenotazioni sono incessanti ma gli organizzatori assicurano: «C’è posto per tutti sul nostro piazzale, è molto grande». Già, l’attenzione intorno al caso di Giulia Cecchettin, la studentessa di Padova uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta l’11 novembre scorso, continua a essere alta.
E così, dalla fortezza al confine tra Piemonte e Valle d’Aosta si attende un bagno di folla, il 18 agosto (alle 21), per la presentazione del libro scritto dal papà di Giulia, Gino Cecchettin, in collaborazione con Marco Franzoso, dal titolo “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia”. Durante l’evento, Cecchettin, ingegnere, così come sarebbe dovuta diventare Giulia prossima alla laurea in ingegneria biomedica, dialogherà con Davide Gamba, libraio e Cristina Mastrandrea (in collaborazione con Libreria Mondadori di Ivrea).
«Sei la mia Giulia e sarai per sempre la mia Giulia. Ma non sei più solo questo. Tu dopo quanto è successo sei anche la Giulia di tutti, quella che sta parlando a tutti. E io sento forte il dovere di manifestare al mondo che persona eri e, soprattutto, di cercare attraverso questo di fare in modo che altre persone si pongano le mie stesse domande». Questo il messaggio di papà Gino che ha deciso di finire di parlare e di prendere la penna in mano per mettere al servizio delle altre possibili vittime di femminicidio il dramma di Giulia. Perché fatti di questo genere non debbano più accadere.
Il libro, scritto come un lunga lettera a sua figlia, è il racconto di quello che accadde in quei giorni terribili attraverso il quale emergono i sentimenti che lo legavano a Giulia e molti aspetti della loro vita famigliare. Il rapporto con la moglie Monica, scomparsa pochi mesi prima dell’efferato omicidio, e con gli altri figli, Elena e Davide. E ancora, e soprattutto, il rapporto con la dolce Giulia, un punto di riferimento importantissimo nella famiglia rimasta orfana della mamma, un angelo che adesso non c’è più. «La sera del sabato quando sono tornato dopo essere andato a prendere Davide che era uscito con gli amici, la porta della tua camera era ancora aperta, segno che non eri rientrata. Ti ho inviato un messaggio, rimasto con un’unica spunta ... La mattina dopo, la porta era ancora aperta. Ti ho mandato un altro messaggio che non ti sarebbe mai arrivato...». Ecco, questo non deve accadere mai più.
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