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"Cenci" e il teatro della crudeltà sul palco del Gobetti

Da martedì 15 ottobre la storia, ambientata nel Rinascimento, di Beatrice, giustiziata nel 1599 per parricidio

"Cenci" e il teatro della crudeltà sul palco del Gobetti

Un'immagine dello spettacolo in programma al Teatro Gobetti, “Cenci - Rinascimento contemporaneo”

Un fatto vero, una storia di quasi cinque secoli fa, eppure così “contemporanea”. È la storia di Beatrice Cenci, raccontata dalla Compagnia della Magnolia in “Cenci - Rinascimento contemporaneo”, da questa sera e fino al 20 ottobre prossimo sul palco del Teatro Gobetti di Torino. Lo spettacolo, diretto da Giorgia Cerruti, è coprodotto con il Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, Ctb - Centro Teatrale Bresciano, Sardegna Teatro e Scarti - Centro di Produzione. Nobildonna appartenuta a una delle più influenti famiglie rinascimentali dell’epoca, Beatrice Cenci nel 1599 fu giustiziata per parricidio, per essersi difesa dai ripetuti abusi di un padre violento e depravato dopo innumerevoli richieste di aiuto ignorate dalla Chiesa.

Nel riproporre la vicenda la regista, che è anche interprete della pièce insieme con Davide Giglio, Francesco Pennacchia e Francesca Ziggiotti, si rifà a una tragedia in versi di Percy Bysshe Shelley scritta durante una permanenza in Italia nell’estate del 1819 traendo spunto da un manoscritto trovato dall’autore negli archivi del Palazzo Cenci di Roma. La storia fu, poi, ripresa, da Antonin Artaud nel 1935. Ed è anche ad Artaud, oltre che a Shelley, è a Stendhal, Dumas, Camus e altri autori che la Cerruti si ispira per la sua scrittura drammaturgica, per questo “teatro della crudeltà”, per raccontare una storia che ha per protagonista questa eroina moderna capace di coraggio e determinazione.

«Vorrei provare a innalzare la storia di questa famiglia rinascimentale italiana a simbolo di vulnerabilità alla violenza contemporanea - spiega -. Una donna sfida il potere virile e parla all’umanità attuale, rivelando le pieghe più subdole dell’odierno potere imperante. Il punto di vista registico che vorrei adottare aspira ad una reazione tra il teatro e le altre arti: un dialogo vivo dove la scena è debitrice di visioni e soggettive rubate al cinema».

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