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Dedicato a noi
07 Novembre 2024 - 06:02
Il Liga con il figlio Lenny, batterista (foto Maurizio Bresciani)
Trentuno concerto esclusivi, una tappa per ogni città. Un giro con cui Ligabue sta percorrendo l’intero stivale e i suoi palcoscenici più prestigiosi e che lo porterà, lunedì 11 novembre, anche a Torino. Nella splendida location del Teatro Regio rigorosamente sold out. Eccolo “Ligabue in teatro - Dedicato a noi”, il concerto evento con cui il rocker di Correggio vuole omaggiare i fan a vent’anni esatti dal mega live di Campovolo e i trent’anni di “Certe notti” che nel 1995 hanno segnato uno dei momenti più importanti della sua carriera. Un tour emozionante che il Liga ha voluto condividere con una persona molto speciale per lui.
E’ così non è vero?
«Sì, l’emozione più forte, ovviamente, è quella di suonare con mio figlio Lenny. Per molti veniva visto come un azzardo, invece sapevo benissimo che, in un’epoca di “familismo”, potevo contare su un “familismo meritocratico”, perché so quanto Lenny sia bravo alla batteria (lui ha inciso tutte le tracce di “Dedicato a noi”). Abbiamo fatto una prova generale che mi ha confermato tutto questo: è stato capace di padroneggiare un’emozione che aveva anche lui, gestendo benissimo le dinamiche sulla batteria, che era la preoccupazione più grossa».
Quindi, qualcosa è cambiato nella carriera di Lenny?
«Sono molto contento che lui abbia ottenuto tutte le conferme che servivano, perché per molti era “il figlio di Luciano”».
Che spettacolo vedranno i torinesi?
«Il tour teatrale ci permette di essere più capaci di concentrarci sulle sfumature. Un conto è suonare sfogandoci, ballando su un palco con le chitarre elettriche e urlando, e un conto è stare seduti a teatro, con degli arrangiamenti più intimi in cui ogni tanto diamo il gas che vogliamo dare, perché comunque vogliamo pensare che la gente si alzi delle poltrone ugualmente, ma anche che si possano poi riaccomodare e sentire con attenzione i nostri nuovi arrangiamenti, le nostre nuove sottigliezze musicali, la nostra attenzione alla performance, che quando stai seduto è per forza maggiore».
Quali sono le “Certe notti” che non dimenticherà mai?
«Come si sa, sono uno che soffre della dipendenza da palco, quindi molte delle “Certe notti” che non dimentico sono le notti che partono con un concerto e poi hanno delle logiche conseguenze al concerto, in un modo o nell’altro. È stata una delle grandi fortune che ho avuto nella mia vita. Sono un essere notturno, tendo ad amare pure troppo la notte (anche se, devo dire, paradossalmente mi piace anche il mattino, però le due cose non stanno insieme) e faccio da tanto tempo un mestiere che mi permette di vivere molto la notte, ancora oggi».
Trent’anni da “Certe notti”, venti da Campovolo: cos’è cambiato da allora?
«Ogni volta ci siamo sentiti responsabili di dover alzare l’asticella sempre di più. Siamo rimasti spiazzati da quello che è successo la prima volta: nessuno si immaginava che sarebbe capitato quello che è successo vent’anni fa, che venisse così tanta gente da battere addirittura il record europeo di paganti. Ogni volta cerchiamo di alzare l’asticella e di offrire più servizi possibili e, soprattutto, di offrire un concerto che sia sempre migliore. E’ l’obiettivo anche di questa volta».
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