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"Diciannove", la sorpresa della Mostra del Cinema di Venezia arriva a Torino

Il regista esordiente Tortorici incontrerà i fan domenica 2 marzo prima della proiezione serale

"Diciannove", la sorpresa della Mostra del Cinema di Venezia arriva a Torino

Una scena del film "Diciannove"

All’ultima Mostra di Venezia era stata la sorpresa che aveva spiazzato la critica italiana e internazionale, ora prova la difficile strada della sala cinematografica ma si propone in ogni caso di diventare un piccolo culto generazionale: “Diciannove” di Giovanni Tortorici è in programmazione al cinema Massimo (spettacoli alle 15,45, alle 18 e alle 20,30) e il suo regista sarà ospite a Torino domenica 2 marzo allo spettacolo serale. L’opera prima di Tortorici è stata prodotta dalla Frenesy Film Company di Luca Guadagnino ed è stata girata in parte anche nella nostra regione: la troupe ha girato per quattro giorni a gennaio 2024 tra l’Aeroporto Levaldigi, lo stesso cinema Massimo, Lungo dora Napoli e piazza Castello, grazie al sostegno di Film Commission Torino Piemonte.

«Analizzando il periodo della mia vita in cui avevo 19 anni - spiega Tortorici - trovavo che ci fossero cose molto curiose, e ho pensato sarebbe stato fascinoso per me raccontare questa storia. Il film è un’indagine su un ragazzo diciannovenne e un’analisi del suo vivere e del suo essere studente». Nel cast l’esordiente Manfredi Marini, Vittoria Planeta, Dana Giuliano e il torinese Zackari Delmas. L’idea di partenza del film, che si presenta come un’autobiografia sincera e provocatoria, è nata proprio a Torino, mentre il futuro regista frequentava da studente (all’epoca coetaneo del suo protagonista) la Scuola Holden.

Diciannove” racconta le ambizioni, le euforie, ma anche le frustrazioni e le paure di uno studente fuori sede che da Palermo si trasferisce a Londra, poi a Siena e infine a Torino, inseguendo il sogno di diventare uno scrittore. La sua è la ricerca di un’identità che non lo definisca in una categoria, che sia incorruttibile, e che lo porta a immergersi nei grandi classici della letteratura dell’Ottocento per sfuggire al confronto con gli altri, e a isolarsi nell’ossessione della purezza della lingua.

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