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Il collezionista folle
23 Marzo 2025 - 06:31
La Madonna di Raffaello e quella di Goya
PROLOGO
Che il nostro protagonista fosse un uomo di gusti singolari lo si era già intuito quando, con l’aria di chi scopre il Sacro Graal, acquistò un portasale in rame dicendo che era appartenuto a un cardinale francese afflitto dalla devo. Ma è nella sua casa a Sciolze, rifugio collinare tra castelli medievali e fantasie da Antiquariato Fantasy, che la follia – quella buona, intendiamoci – ha trovato la sua cattedrale. Anzi, la sua torre eburnea, dove tra monitor Apple e visioni mistiche, il nostro “Indiana Jones dei salotti buoni” rincorre da anni la verità celata nei dipinti, decifrando segni invisibili che nemmeno i pittori ricordavano di aver messo. Si aggira tra mercati d’antiquariato come un rabdomante del Rinascimento, convinto che ogni cornice impolverata nasconda un Caravaggio dimenticato o un Goya distratto. Lo fa con la foga di chi crede che l’arte sia un messaggio cifrato lasciato dai grandi solo per lui, mentre il resto dell’umanità – capre inclusa – osserva ignara. E poi, un giorno, la svolta: una valigia gialla, un suocero dal titolo altisonante, e una Madonna che, tra un blackout e un tuono, riappare vent’anni dopo con la firma di Goya, l’AI come oracolo e il cuore che batte forte come durante un’asta da Sotheby’s. Ma andiamo con ordine.
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GOYA ALLA GOLA
La casa di Sciolze, una amena località delle colline del pre Monferrato a pochi chilometri da Torino, aveva una vista meravigliosa su verdi declivi e lontani castelli, quasi a rivivere in secoli passati. Nella torre eburnea avevo allestito il mio studio, un Pc Apple moderno con un grande video adatto alla elaborazione delle immagini delle opere d’arte che acquistavo disperse nei mercati antiquari dagli eredi di finanzieri e mercanti.
Come oramai sanno anche le capre ignoranti, i mercanti utilizzarono le opere d’arte autentiche (ma anche le loro copie) per garantire il pagamento dei loro commerci, come già facevano fin dal rinascimento. Riconoscere le opere autentiche dalle loro copie era un hobby divenuto la mia discreta specializzazione: quella di individuare i segni della anti sofisticazione che i pittori nascondevano nelle loro opere per essere i soli in grado di riconoscerne la autenticità. Con la pratica conobbi i segreti dei grandi artisti risolvendo casi che potrebbero diventare, dopo molti anni, materia di insegnamento nelle università.
Accadde un giorno un forte temporale con stravento e tuoni: il mio caro suocero, Marchese Bosco Berardi, che abitava al piano di sotto, mi raggiunse allarmato: «Accompagnami in soffitta, temo che il vento possa aver fatto volare delle tegole e che possa allagarsi la soffitta!». La luce si spense dopo un lampo accecante. Lo seguii salendo la stretta scala in legno, cercando a tentoni una grossa pila e pregando il cielo che il temporale, benché violento, non avesse causato molti danni. Giunti nella grande soffitta non riscontrammo perdite dalle tegole e sollevando un abbaino notammo che il vento s’era improvvisamente placato della sua improvvisa furia.
«Se non fosse il tuo amico Gustavo Rol, sarebbe la mia Madonna che ci aiuta a non rifare il tetto» borbottò tra sé il Marchese rovistando in un antro buio. «Qui c’è qualcosa per te» disse estraendo da sotto un tavolo antico una grande valigia di pelle gialla. La posò sul tavolo sollevando della polvere. Doveva essere stata nascosta per molti anni. La aprì dopo un attimo di ripensamento, forse per aver notato che non fosse pesante come s’aspettava e rimase sorpreso: all’interno vi era solo una piccola tela raffigurante una Madonna con bambino. Null’altro benché la valigia fosse enorme e vuota. Notai una leggera smorfia sul viso di mio suocero, ma non disse nulla contro chi avrebbe sottratto dalla valigia gialla altre opere ben più importanti. Mi consegnò la tela raccomandandomi di studiarla: «Chissà che tu non scopra qualcosa per il futuro di tua figlia». Un sordo tuono lontano coprì la mia promessa. Mi misi a studiare libri d’arte e infine scoprii che la tela raffigurava “La Madonna della Tenda” di Raffaello Sanzio, ma una esperta del periodo cinquecentesco mi fece notare che la tela non era così antica ed il dipinto le sembrava essere una copia. Benchè deluso, tenni da parte il dipinto per mia figlia Lucrezia, senza ricordarmi dove l’avessi riposto. Dopo circa 20 anni, rovistando un cassetto, ritrovai il dipinto girato al contrario come se proteggesse il fondo del cassetto.
«Eccola di nuovo!»! Al chiaro di una giornata luminosa, osservai con una lente la tela nei suoi particolari. Ebbi l’ispirazione di fotografarla con un moderno Iphone 16 dotato di un triplice obiettivo che ne migliora la messa a fuoco. Fu così che vidi la lettera G e la firma di Goya Francisco.
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