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L'INTERVISTA

Enzo Iacchetti e il musical "Tootsie": "All'inizio ho detto no, ma poi..."

L'attore sarà in scena insieme a Paolo Conticini al Teatro Colosseo da venerdì a domenica

Enzo Iacchetti e il musical "Tootsie": "All'inizio ho detto no, ma poi..."

Enzo Iacchetti in scena insieme a Paolo Conticini

Paolo sarà Michael, attore disoccupato che pur di ottenere una parte si travestirà da donna e nei panni di Dorothy avrà molto successo e, quando gli succede di innamorarsi di una collega, anche molti problemi. Lui, invece, sarà Jeff, il coinquilino, squattrinato scrittore che gestisce il ristorante “Spolpati l’osso”, che riporterà Michael con i piedi per terra, facendogli comprendere quanto sia difficile la vita da “attrice”. Lui è Enzo Iacchetti e con Paolo Conticini porterà venerdì 28 (in replica fino a domenica 30 marzo) sul palco del Teatro Colosseo “Tootsie”, la nuova commedia musicale di Massimo Romeo Piparo, con musica e testi di David Yazbek e libretto di Robert Horn, tratta dal famoso film del 1982 di Sydney Pollack con Dustin Hoffman. «Quando Massimo mi chiamò per dirmi che voleva fare Tootsie. Gli dissi subito di no - dice Iacchetti -: non ci penso proprio, sono troppo vecchio. Ma lui mi disse: c’è una parte fatta apposta per te. Lessi il copione e mi piacque così accettai. Avrei potuto fare Tootsie, dieci, vent’anni fa, quando avevo l’età di Paolo. Bisogna avere molta energia, fare cambi di costumi in pochi secondi, bisogna cantare, ballare».


Lei comunque canta e balla nello spettacolo.
«Canto solo due canzoni e poi faccio un balletto dove la gente alla fine applaude, penso, per simpatia».
Che personaggio è il suo?
«Sono un po’ il grillo parlante. Jeff si spaccia per essere uno scrittore di commedie, in realtà è un fannullone e quando scopre che Michal ha vinto un provino come attrice gli va contro. Il mio è un personaggio comico».
Lo spettacolo tratta temi come sessismo, patriarcato, identità, ironizza anche sullo show business.
«Sì, soprattutto sottolinea il marciume che c’è in questo mondo, dove non emerge affatto il merito e dove prevalgono le scorciatoie. In America è diverso, sono molto più professionali. Lì, anche se devi fare un film dove interpreti una parte piccolissima, anche se sei solo una comparsa, devi, però, essere qualificato, devi aver fatto una qualche scuola di recitazione. Da noi, invece, si improvvisa, siamo più “creativi”».
Lei torna al musical dopo il successo de “Il vizietto”.
«Torno al musical più o meno ogni dieci anni. Ne ho già fatti quattro, uno in particolare l’ho prodotto io, “Erika e Omar”. Mi vanto molto di questa produzione anche se, non avendo grandi nomi in cartellone, non è stata molto rappresentata».
Felice di tornare a Torino?
«Torino è una città che amo molto. Ha una storia teatrale straordinaria, ha tanti bei teatri. E poi mi accoglie sempre con gioia, mi chiama quasi tutti gli anni, sia con la prosa, sia con il cabaret».

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