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30 Giugno 2025 - 12:20
Ti sei mai chiesto quando arriverà la tua ora? A rispondere a questa domanda, ora c'è un'app: si chiama Death Clock e promette, con il supporto dell'intelligenza artificiale (AI), di stimare la data del tuo decesso. Macabro? Forse. Utile? Secondo molti sì. Divenuta virale sui social, ha scalato le classifiche delle applicazioni di salute più scaricate, attirando utenti non solo per curiosità, ma anche per il suo potenziale impatto sullo stile di vita.
L'idea, concepita nel 2006 da Brett Franson, è stata rivoluzionata grazie a un motore AI addestrato su oltre 1200 studi scientifici che hanno coinvolto 53 milioni di persone. Un database immenso che permette all'app di fare previsioni statisticamente solide, seppur non individualmente infallibili.
Dopo aver scaricato l'app, l'utente compila un questionario dettagliato: dati anagrafici, indice di massa corporea, abitudini come fumo e consumo di alcol, qualità del sonno, salute mentale e patologie croniche. L'AI elabora queste informazioni e restituisce una data precisa – o meglio, probabilistica – accompagnata da un countdown inquietante e l'immagine del Triste Mietitore.
Ma Death Clock non si ferma alla provocazione. La vera funzione dell'app è quella di spingere le persone a migliorare le proprie abitudini. Con un abbonamento annuale da 40 dollari, si accede a consigli personalizzati per posticipare il più possibile la "data finale": attività fisica quotidiana, alimentazione sana, sonno regolare, meno alcol e più relazioni sociali. Nulla di nuovo, ma quando a suggerirlo è il timer della tua esistenza, il messaggio suona più forte e convincente.
Oltre all'aspetto salutistico, Death Clock può persino diventare uno strumento utile per pianificare il futuro, ad esempio in ambito finanziario o previdenziale. Secondo lo sviluppatore, la precisione delle stime supera quella delle classiche tabelle attuariali, grazie a dati clinici aggiornati e algoritmi di machine learning.
Certo, nessuna app può predire davvero quando moriremo. Ma se l'idea della fine ci spinge a vivere meglio, allora forse vale la pena ascoltarla. Anche solo per guardarci in faccia e, finalmente, prenderci cura di noi.
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