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Il collezionista folle
20 Luglio 2025 - 08:00
Il dipinto attribuito a Paul Gauguin
PROLOGO
Tutti i collezionisti hanno almeno due debolezze: quella verso gli oggetti più assurdi e quella verso amici che tali oggetti faticano a prenderli sul serio. Il nostro Collezionista Folle non fa eccezione e, per confermare la regola, ha scelto come amico fraterno – per la verità un po’ serpente – il buon Ricky, che a sua volta nutre passioni meno impegnative (così sostiene lui): automobili d’epoca che fa restaurare da altri, godendosene poi esclusivamente il rombo elegante. Ricky ha trasformato l’ironia bonaria in una vera e propria arte: davanti agli strani pastelli del nostro collezionista, lui risponde con risate taglienti e scherzi implacabili. Eppure è proprio grazie alla sua sprezzante leggerezza che le vicende diventano ancora più avvincenti. Fra critiche spiritose e dispetti goliardici, Ricky sembra un antidoto naturale alle manie del suo caro amico, ma finisce sempre col restare ammaliato da quei tesori eccentrici. E così, tra una battuta e l’altra, i due collezionisti avanzano insieme tra scoperte memorabili e risate complici, inseparabili nonostante tutto.
AMICI SERPENTI
Avevo un amico fraterno, meglio direi storico poiché i parenti a volte son serpenti, al quale feci vedere un pastello che raffigurava la Dea Vairoimati seduta e vista di profilo, purtroppo con un viso deformato, come se l’artista non avesse voluto fermarlo nitido e riconoscibile, tuttavia con un nome curioso scritto in rosso sopra la sua testa: “Mette”. La reazione spiritosa dell’amico fu tagliente: «Mette dove e poi cosa?».
«Sarà il suo nome» risposi con tono accomodante «potrebbe essere il nome di una donna cara al pittore». E infatti la notte stessa cercai tra i miei libri di capirne qualcosa di più. Prima di tutto considerai che si trattasse di una Dea della Polinesia Francese, di conseguenza pensare al pittore Paul Gauguin non richiese uno sforzo mentale straordinario, così come rintracciare il nome danese di sua moglie Mette.
«Vorrei proprio vedere cosa ne pensino all’Hotel Drouot…» sfotté proponendo la celebre casa d’Aste parigina che non si esime dal valutare ogni genere di croste.
Ci recammo assieme di buon mattino all’Hotel "Drouot vente” per evitare le code di questuanti con sottobraccio il dipinto del nonno.
Seduti nella sala d’attesa, notammo una vecchietta uscire quasi piangente dall’ufficio in cui due esperti d’arte effettuavano un primo sommario esame alle opere che venivano loro proposte. Arrivò il nostro turno ed entrammo, lui spavaldo, io titubante. I due esperti appena videro il pastello incominciarono a passarselo di mano l’un l’altro, prima ad una lente che variava intensità luminosa, poi inclinando il piano d’appoggio per osservare la riflessione della luce. Infine chiamarono un terzo esperto che annuiva alle loro osservazioni. Poi ci invitarono a seguirli al piano superiore dove altri due esperti anziani presero a riesaminare il pastello, senza farmi alcuna domanda. Non potevano sospettare ch’io avessi già fatto esaminare il pastello dal Prof. Thierry Radelet, ora consulente del Museo del Louvre, uno dei primi tecnici che utilizzarono l’esame multi spettrale sui punti colore, per individuarne al computer la composizione chimica e stabilire che fosse coevo.
I cinque esperti dell’Hotel Drouot incominciarono a stropicciarsi gli occhi e ad avere una espressione sorpresa. Il più anziano di loro ci invitò a seguirli al piano superiore per presentare l’opera al Presidente, il quale ci accolse nel suo sontuoso ufficio, con rigoroso doppio petto blu con foulard giallo, se ben ricordo, al taschino. Prese in mano il pastello ed esclamò: «Formidable, c’est Gauguin!». Poi dopo avermi squadrato nel mio abbigliamento sportivo, si rivolse al mio amico e gli chiese se mi conoscesse. «Moi, non!» rispose alzando le mani in segno di resa.
Scoprii un Gauguin, trovai un amico serpente.
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