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Il collezionista folle
12 Ottobre 2025 - 08:00
Il quadro attribuito a Picasso
PROLOGO
Si dice che i grandi collezionisti abbiano un fiuto speciale. Il nostro Collezionista Folle, invece, ha Rol. Gustavo Rol. Il defunto sensitivo torinese — quello che spostava oggetti, cambiava i colori dei fiori e conversava con l’aldilà come altri con il barista — continua, a quanto pare, a seguire con amore paterno le sue scorribande tra i mercatini e i musei del mondo. Un mentore ultraterreno, diciamolo, che non si limita a sussurrare “compra quello”, ma sa anche materializzare Picasso dietro una bancarella di Parigi, accanto a un cane distratto e a un venditore ignaro di essere dentro una scena da romanzo.
Ogni volta che il Collezionista scova un capolavoro, Rol pare essere lì: un’ombra gentile, un complice che si diverte a confondere il caso con il destino. Non si presenta mai con tuoni o ectoplasmi, ma con il garbo di chi sa che l’arte — come i miracoli — ha bisogno di discrezione. E quando il nostro eroe si piega per guardare meglio un quadro, pulendo le lenti o sfidando la pressione sanguigna, c’è sempre un soffio, un fischio, una presenza che lo guida.
Così, mentre il mondo discute di autenticazioni, perizie e aste milionarie, lui prosegue sereno, convinto che basti un cenno del suo invisibile consigliere per ritrovare l’impronta di Picasso o il segno di un genio dimenticato. Perché in fondo, dietro ogni grande scoperta, c’è sempre un collezionista un po’ folle — e un sensitivo che non ha mai smesso di divertirsi.
STRAVIDI E NON SVENNI
Ci mancò poco, il quadro verde mi apparve quando mi voltai, richiamato da un lungo fischio, appoggiato alla parete di mattoni rossi al mercato delle pulci di Parigi. Il contrasto dei colori mi incuriosì e mi avvicinai per osservarlo meglio. Mentre mi avvicinavo pulendomi con un panno le lenti del mio occhiale, un cane si avvicinò al muro come se annusando cercasse qualcosa. Si avvicinò al dipinto e stava per alzare la gamba. Un secondo fischio lo distrasse e tornò verso il suo padrone. Stavo per dirgli “excusé moi, j’ai vu le tableau avant tous!”, come dire “l’ho visto prima io”, ma il Signore mi sorrise e girò i tacchi.
Mi parve di averlo già visto altre volte, probabilmente un collezionista come me, a meno che non fosse sempre lui, Gustavo Rol, il mio protettore che altre volte diede prove di presenze impossibili, tuttavia discrete e fautrici di importanti ritrovamenti di quadri inediti.
Inforcai gli occhiali e mi soffermai per esaminarlo. Mi parve di vedere doppio in rosa: il soggetto era una donna nuda vista di schiena e di fronte!
Non riuscivo a comprendere se fosse la stessa persona o se fossero due amiche.
Le natiche dell’una mi sembrarono più potenti rispetto a quelle esili dell’altra, comunque non tanto da convincermi di una grande differenza. Mi colpirono due indizi: su una natica della più robusta, notai un neo nero, mentre sulla coscia dell’altra donna mi colpì il disegno di un membro sessuale floscio di un terzo compagno mancante. Stavo osservando il contorno marrone sulla spalla della donna, quando udii la voce del padrone del cane che, poco distante, stava raccogliendo da terra l’escremento del suo cane, sgridandolo: “Tu m’ammerde!”.
Gli feci un cenno di rassegnazione e tornai ad osservare il dipinto con le sue parole ancora in mente e pensai che il dipinto potesse essere un atto di accusa alla donna dipinta. Lo sfondo verde e le due donne mi ricordavano vagamente il colore del noto capolavoro di Picasso “Per la morte di Casagemas”, dove le due donne erano rappresentate in piccolo sullo sfondo del funerale all’amico di Picasso, morto suicida con un colpo di revolver alla sua tempia e caduto disteso sul tavolo del bistrò attorno al quale aveva invitato a cena i suoi amici, tra i quali Pablo Picasso e Fernande Olivier, la sua prima compagna che aveva conosciuto a Parigi al “Bateau Lavoir”, la casa degli ateliers affittati ai pittori. Questi ricordi mi eccitarono e tirai fuori dalla tasca una forte lente da filatelico che mi portavo sempre appresso per distinguere un dipinto su tela da una moderna litografia. Ero inoltre solito congiungere le dita nel segno di ok, per osservare il dipinto spostando a mano avanti e indietro davanti al dipinto. Un metodo semplice per spostare il fuoco ottico e scoprire se il pittore avesse dipinto anch’esso con lo stesso metodo che solo pochi intenditori conoscono. Esso permette di dipingere scene che a prima vista sono sfocate. Ne fui sorpreso!
Nell’angolo alto a destra, riconobbi il volto della madre di Picasso, Maria, che avevo già visto pubblicato dalla Skirà, una casa editrice di arte. Nell’angolo in alto a sinistra, riconobbi il volto del padre di Picasso, con sulla barba una piccola scritta MJ in colore nocciola dove J significherebbe Josè il nome di suo padre. Le mie tempie battevano, stavo per avere uno sbalzo di pressione. Sotto la barba di Don José vi è una scritta in colore nero: Malaga, la città dove la famiglia Picasso si trasferì su una grande casa sul porto, simile a quella dipinta sullo sfondo del quadro. Tutto mi faceva pensare che potesse essere un dipinto attribuibile a Picasso, ma avrei dovuto cercare nel dipinto stesso la prova di autenticità.
Utilizzai la lente da filatelico per osservare, ingrandita, l’immagine sottostante la scritta Malaga e rimasi di stucco!
Vidi l’immagine di un braccio nero con una mano bianca che con il dito indica un pittore intento a dipingere un quadro posto su un cavalletto! Eureka!
Questa sarebbe stata la prova di autenticità? No, la prova di autenticità sarà una sorpresa strabiliante che vi verrà rivelata nel prossimo articolo!
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