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Il collezionista folle

Musei, truffe e fantasmi di Picasso: quando l’arte vale più di un delitto

Dalla follia di un suicidio all’enigma di un quadro da 150 milioni: l’inchiesta di un collezionista torinese tra arte, mercato nero e verità nascoste

Il collezionista folle

Ecco la serie di quadri sul "verde" di Picasso

PROLOGO

C’è chi entra al museo per nutrirsi di bellezza, e chi per controllare se sotto la cornice c’è un QR code che porta al listino prezzi. Il Collezionista Folle, come sempre, appartiene alla terza categoria: quella di chi sospetta che dietro ogni pennellata ci sia un delitto perfettamente eseguito. Del resto, che cos’è un museo, se non il più elegante dei caveau, dove si espongono refurtive ben spolverate e si offre al pubblico il privilegio di dubitare?
Si entra in silenzio, si paga il biglietto, si viene accolti da un custode che ha lo sguardo di chi conosce la verità ma non può dirla. E poi -meraviglia!-tutti i quadri sono autentici. O forse no. Mancano i cartellini con il prezzo, dettaglio che il Collezionista trova francamente sospetto: in un mondo dove anche l’aria si vende, l’unico posto dove nulla è in vendita è proprio quello dove si concentrano milioni di euro in pigmenti e vernice. Una contraddizione troppo raffinata per non nascondere un traffico d’armi, o almeno un paio di valigette di contanti dirette verso qualche paradiso fiscale.
Il nostro eroe, armato di lente d’ingrandimento e diffidenza cronica, propone una soluzione semplice: invece dei soliti certificati d’autenticità firmati da fondazioni “no profit” con un profit molto ben nascosto, basterebbe un timbro di notaio e una perizia del tribunale. Ma il mondo dell’arte, si sa, preferisce la nebbia: più è densa, più costa l’ingresso.
Così il Collezionista osserva, sospetta e, come un moderno Sherlock con il cappello di feltro rovesciato e la lingua tagliente, intravede dietro ogni cornice un giallo da risolvere. Anche perché, se Picasso davvero ha nascosto la verità sotto la pittura, allora i musei non sono templi del sapere, ma scene del crimine perfettamente illuminate. E a noi, visitatori distratti, non resta che fingere d’essere ammirati, mentre il Collezionista, da buon folle, ride sotto i baffi.

EXPO MUSEALE
MUSEO LEALE


La cultura museale non mira a vendere ma a sorprendere, sotto le opere manca il prezzo, non è dato di sapere quanto vale, perché l’opera non è in vendita e non si è mai visto che vi sia pubblicato l’esame multispettrale dei colori che provi che l’autenticità dell’opera. Il visitatore del Museo ha il dubbio che l’opera possa essere falsa e che quella originale vera e autentica possa essere stata venduta al mercato nero per finanziare partite di armi o di droga. Per fugare tale dubbio, basterebbe che al posto di certificazioni di autenticità rilasciate da Fondazioni ibride, cioè anche con funzioni mercantili (poiché i membri del rispettivo comitato di esperti si adoperano a vendere le opere di loro proprietà o in affidamento anziché certificare quelle inedite a loro presentate), fossero accettate dalle Case d’Aste anche certificazioni rilasciate da un Notaio e da un perito del Giudice del Tribunale di competenza. Ci sarebbe poi da presentare l’opera ritrovata come inedita, dotata di perizia di autenticità e dichiarazioni di esperti. Ed infine rivelare il messaggio segreto che solo il pittore avrebbe potuto conoscere e pubblicizzare in un blindato messaggio. Un esempio eclatante potrebbe essere un dipinto “attribuibile” ad un certo pittore che tutti crediamo di aver riconosciuto in base agli indizi descritti nell’articolo della settimana scorsa. Inutile cercarne una copia dal giornalaio, tutti i resi sono andati esauriti.
In sintesi si sono indicati i due volti nascosti negli angoli in alto dx e six, il padre e la madre del pittore.
Sotto il volto del padre, la pittura di una scena: un giovane che ritrae il padre su una tavola posta su un cavalletto. Per vedere questa scena occorre mirare attraverso le dita della mano messe a ok spostando avanti ed indietro verso e dalla tavola, per mettere a fuoco ciò che a prima vista non si vede (un giochetto che l’artista imitò dalla pittura segreta che Renoir insegnava a Berth Morisot, un metodo che gli esperti d’arte ignorano per non avere studiato le leggi dell’ottica enunciate da Leonardo da Vinci nel suo “Trattato sulla pittura”). Ma la prova della autenticità del dipinto la darà lo stesso Pablo Picasso che ben conosceva perché il suo amico Casagemas si fosse suicidato nel mezzo di una cena, sparandosi alla tempia e cadendo come un baccalà disteso sul tavolo attorno al quale i suoi amici invitati al macabro pasto stavano intingendo il pane nella zuppa di brodo di coniglio, più probabilmente di gatto. L’aspetto quasi comico che Casagemas prima di spararsi alla tempia con un revolver acquistato al mercato nero, tentò di assassinare la sua compagna, una certa Germaine, che lo avrebbe contagiato della sifilide, allora incurabile, che lo avrebbe portato alla pazzia. Nella concitazione del momento, Casagemas puntò la pistola contro la sua compagna, vicina commensale, la quale per lo spavento svenne e cadde come una pera sul pavimento. Casagemas la mancó e credendo di averla uccise non poté fare a meno di suicidarsi. Picasso impassibile si sarebbe alzato per recuperare la pistola e si sarebbe allontanato sottraendola alla polizia. Tornò al Bareau Lavoir, la casa degli artisti con ampie vetrate dov’è aveva occupato uno stanzone come atelier e mise mano al primo dei dipinti “per la morte di Casagemas”, tutti col colore dominante il fondo verde e nocciola. Questo sarà il “leit motif”.

La cultura museale non mira a vendere ma a sorprendere, sotto le opere manca il prezzo, non è dato di sapere quanto vale, perché l’opera non è in vendita e non si è mai visto che vi sia pubblicato l’esame multispettrale dei colori che provi che l’autenticità dell’opera. Il visitatore del Museo ha il dubbio che l’opera possa essere falsa e che quella originale vera e autentica possa essere stata venduta al mercato nero per finanziare partite di armi o di droga. Per fugare tale dubbio, basterebbe che al posto di certificazioni di autenticità rilasciate da Fondazioni ibride, cioè anche con funzioni mercantili (poiché i membri del rispettivo comitato di esperti si adoperano a vendere le opere di loro proprietà o in affidamento anziché certificare quelle inedite a loro presentate), fossero accettate dalle Case d’Aste anche certificazioni rilasciate da un Notaio e da un perito del Giudice del Tribunale di competenza. Ci sarebbe poi da presentare l’opera ritrovata come inedita, dotata di perizia di autenticità e dichiarazioni di esperti. Ed infine rivelare il messaggio segreto che solo il pittore avrebbe potuto conoscere e pubblicizzare in un blindato messaggio. Un esempio eclatante potrebbe essere un dipinto “attribuibile” ad un certo pittore che tutti crediamo di aver riconosciuto in base agli indizi descritti nell’articolo della settimana scorsa. Inutile cercarne una copia dal giornalaio, tutti i resi sono andati esauriti.
In sintesi si sono indicati i due volti nascosti negli angoli in alto dx e six, il padre e la madre del pittore.
Sotto il volto del padre, la pittura di una scena: un giovane che ritrae il padre su una tavola posta su un cavalletto. Per vedere questa scena occorre mirare attraverso le dita della mano messe a ok spostando avanti ed indietro verso e dalla tavola, per mettere a fuoco ciò che a prima vista non si vede (un giochetto che l’artista imitò dalla pittura segreta che Renoir insegnava a Berth Morisot, un metodo che gli esperti d’arte ignorano per non avere studiato le leggi dell’ottica enunciate da Leonardo da Vinci nel suo “Trattato sulla pittura”). Ma la prova della autenticità del dipinto la darà lo stesso Pablo Picasso che ben conosceva perché il suo amico Casagemas si fosse suicidato nel mezzo di una cena, sparandosi alla tempia e cadendo come un baccalà disteso sul tavolo attorno al quale i suoi amici invitati al macabro pasto stavano intingendo il pane nella zuppa di brodo di coniglio, più probabilmente di gatto. L’aspetto quasi comico che Casagemas prima di spararsi alla tempia con un revolver acquistato al mercato nero, tentò di assassinare la sua compagna, una certa Germaine, che lo avrebbe contagiato della sifilide, allora incurabile, che lo avrebbe portato alla pazzia. Nella concitazione del momento, Casagemas puntò la pistola contro la sua compagna, vicina commensale, la quale per lo spavento svenne e cadde come una pera sul pavimento. Casagemas la mancó e credendo di averla uccise non poté fare a meno di suicidarsi.

Picasso impassibile si sarebbe alzato per recuperare la pistola e si sarebbe allontanato sottraendola alla polizia. Tornò al Bareau Lavoir, la casa degli artisti con ampie vetrate dov’è aveva occupato uno stanzone come atelier e mise mano al primo dei dipinti “per la morte di Casagemas”, tutti col colore dominante il fondo verde e nocciola. Questo sarà il “leit motif” della rara serie verde, una serie di opere che completano la storia se collegate. Il dipinto delle due donne nude ambientato a Malaga per poter dare degli indizi correlati alla sua famiglia ed alle due donne infette, avrà poi un seguito temporale nel dipinto di Casagemas in piedi, nudo vicino alla sua compagna, che indica non a caso un ritratto su un cavalletto, raffigurante una donna piangente. Casagemas col dito indica il dipinto, ma sarebbe stato troppo banale se non avesse voluto significare di guardare dietro al dipinto! Ed infatti la prova del nove di questa straordinaria storia, dipinta tra un sorso d’assenzio e l’altro, sarà proprio il disegno della donna piangente che avrà tracciato a china nera dietro al cartone che abbiamo esaminate.
La donna piangente sarà Fernande Olivier, la compagna di Picasso, la quale soffrì d’essere stata abbandonata solo per la paura del contagio? Oppure per aver tradito Picasso che rientrato anzitempo senza preavviso, la trovò in un gioco amoroso a letto con Casagemas e la sua compagna Germaine? Questa sarà una bella “conversation piece” per intrattenere Paloma Picasso, la figlia dell’artista, l’unica che potrebbe autenticare un dipinto da 150 milioni che farebbe invidia alla giallista Agatha Christie e susciterebbe la brama della “Christie auction sales international”.

della rara serie verde, una serie di opere che completano la storia se collegate. Il dipinto delle due donne nude ambientato a Malaga per poter dare degli indizi correlati alla sua famiglia ed alle due donne infette, avrà poi un seguito temporale nel dipinto di Casagemas in piedi, nudo vicino alla sua compagna, che indica non a caso un ritratto su un cavalletto, raffigurante una donna rannicchiata e piangente. Casagemas col dito indica il dipinto, ma sarebbe stato troppo banale se non avesse voluto significare di guardare dietro al dipinto! Ed infatti la prova del nove di questa straordinaria storia, dipinta tra un sorso d’assenzio e l’altro, sarà proprio il disegno della donna piangente che avrà tracciato a china nera dietro al cartone che abbiamo esaminate.
La donna piangente sarà Fernande Olivier, la compagna di Picasso, la quale soffrì d’essere stata abbandonata solo per la paura del contagio? Oppure per aver tradito Picasso che rientrato anzitempo senza preavviso, la trovò in un gioco amoroso a letto con Casagemas e la sua compagna Germaine? Questa sarà una bella “conversation piece” per intrattenere Paloma Picasso, la figlia dell’artista, l’unica che potrebbe autenticare un dipinto da 150 milioni che farebbe invidia alla giallista Agatha Christie e susciterebbe la brama della “Christie auction sales international”.

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