Cerca

IL PERSONAGGIO

Friedrich Nietzsche dal Superuomo fino alla follia

Friedrich Nietzsche dal Superuomo fino alla follia

Friedrich Nietzsche

 C’era una volta il Superuomo, orgoglioso della sua potenza intellettuale, fiero nemico della morale. Il Superuomo che aveva ucciso Dio, nella citazione famosa. Il Superuomo figlio di una mente geniale; e spesso il genio fa rima con sregolatezza ed anche, talvolta, con malattia mentale. Insomma, nel nostro caso la mente di Friedrich Nietzsche, uno dei filosofi più influenti della storia recente, ma anche uno dei più noti estimatori di Torino. Passeggiando sotto i portici, meditava sul Superuomo e sulla via di uscita dalla decadenza della sua società.

“L’uomo - scriveva - è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l’uomo? Che cos’è per l’uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l’uomo per l’oltreuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna”.


La sua vicenda umana è particolarmente nota sotto la Mole, perché Federico Nietzsche - un tempo si italianizzavano tutti i nomi stranieri e così lo si citava regolarmente - qui visse, qui impazzì e qui fu prelevato a forza verso un amaro destino: quello della clinica psichiatrica in Germania. La storia è nota: un bel giorno del 1889 Nietzsche avrebbe abbracciato un cavallo in piazza Carlo Alberto, dando segni di uno squilibrio mentale crescente. Sull’episodio ci sono alcuni dubbi: per alcuni studiosi non avvenne mai, ma il crollo psichico del baffuto saggista tedesco avvenne davvero. Iniziò infatti la fase della sua follia, nella quale il filosofo scrisse biglietti deliranti ad amici, conoscenti e anche al re d’Italia Umberto I.

Ed infine fu prelevato e riportato in patria, dove morì il 25 agosto 1900 a Weimar. L’influenza del “filosofo matto” fu enorme. E non soltanto a Torino, dove Guido Gozzano si divertì a citarlo nella Signorina Felicita (poemetto nel quale il nome dell’austero pensatore fa rima con le plebee camicie). Nietzsche con il suo Superuomo ispirò, come è noto, le dittature del Novecento: nazismo in testa. Ma il nichilismo che caratterizzò il suo pensiero ce lo portiamo ancora appresso. Se Friedrich Nietzsche si facesse di nuovo due passi nel nostro mondo, si troverebbe di fronte una società ben diversa. Un’Italia diversa.


Eppure il baffuto filosofo tedesco riteneva che l’umanità si sarebbe liberata dalle catene della morale e della servitù soltanto facendo un salutare tuffo in quello che lui chiamava “spirito dionisiaco”. Dioniso, giova qui ricordarlo, era il dio del vino e dell’ebbrezza, dell’estasi e del disordine. Forse a Nietzsche, come a tanti altri pensatori dell’altro ieri (e di oggi) è sfuggito che i limiti servono a qualcosa. Una volta tolti, non si torna indietro. È come togliere i freni ad un’auto in discesa: altro non può avvenire che aumentare la corsa fino allo schianto inevitabile.

Schianto che ormai è avvenuto da tempo: l’assenza di valori e di morali (anche laici, sia chiaro: basti vedere concetti come amor di patria, ormai retaggio del passato) è sotto gli occhi di tutti. Viviamo nell’assenza di tutto ciò che costituirebbe un sano ideale di vita. La politica ha abdicato agli ideali da decenni. Perfino la Chiesa cattolica, dal Vaticano II così desiderosa di rincorrere il mondo, ha abbracciato lo “spirito dionisiaco”. Un mondo al contrario, per citare il saggio del generale oggi più famoso d’Italia.
Ma era questo il mondo desiderato da Nietzsche? Non potrà mai rispondere alla domanda, poiché egli è morto da tempo. Il suo pensiero parla ancora dalle pagine dello “Zarathustra” e di “Ecce Homo”, ma soprattutto ci permette di porci una domanda essenziale: dove può portare il rifiuto di un ideale positivo? Al Superuomo, alla degenerazione odierna o… ad un freddo manicomio della Turingia?.
Giorgio Enrico Cavallo

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Logo Federazione Italiana Liberi Editori L'associazione aderisce all'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria - IAP vincolando tutti i suoi Associati al rispetto del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale e delle decisioni del Giurì e de Comitato di Controllo.