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25 settembre 1967

Banda Cavallero, il colpo fatale
L’ultimo “gangster” all’italiana

Così è finita lla “gang” che ha terrorizzato l’Italia a partire dal 1963

Banda Cavallero, il colpo fatale L’ultimo “gangster” all’italiana

Banda Cavallero, il colpo fatale L’ultimo “gangster” all’italiana

Gangster all’italiana: ecco la banda Cavallero, che terrorizzò Torino e Milano tra il 1963 ed il 1967. Un mix di povertà, violenza e ideologie politiche, condito purtroppo con il sangue di alcuni sventurati finiti nel mirino dei loro proiettili. Come quel 25 settembre 1967, giorno dell’ultima rapina della banda e anche il giorno di una vera strage. Era il diciottesimo loro colpo, andavano sicuri, come sempre. Ma qualcosa andò storto, e quel giorno morirono in quattro. Ecco come andarono i fatti. Iniziamo con le presentazioni: jl capo della banda era Piero Cavallero, detto “denti di lupo”; gli altri erano Sante Notarnicola, Adriano Rovoletto e Danilo Crepaldi, sostituito con Donato Lopez dopo la sua morte in un incidente. Non avevano scrupoli e agivano con precisione e determinazione. Ogni rapina era studiata nei minimi dettagli, e loro entravano in azione come attori su un palco. Perfetti. Maestri del crimine, protagonisti dei giornali. Avevano fondato il loro sodalizio criminale in un bar di corso Vercelli e da quel momento si erano specializzati nelle rapine alle filiali; decine di rapine. Agivano non solo per arricchirsi, ma anche spinti da confuse idee anarchiche, sperando di finanziare una rivoluzione rossa in Italia con i proventi dei loro colpi. Il 25 settembre 1967 partirono, come altre volte, da un ufficio che fungeva da covo, un vecchio negozio-magazzino di penne a sfera in via Morghen, a Torino. Viaggio all’insegna del mimetismo fino a Milano, dove per mettere in scena il loro colpo rubarono una Fiat 1100 nera. Al volante Adriano Rovoletto, a fianco Pietro Cavallero, dietro Donato Lopez e Sante Notarnicola. Obiettivo: il Banco di Napoli di largo Zandonai. Ma le cose non andarono come previsto: l’intervento della polizia rese necessaria una fuga precipitosa per le vie della città, con una violenta sparatoria.

In breve, Milano venne messa sottosopra: auto travolte, passanti nel panico, proiettili che schizzavano di qua e di là. Si contarono quattro morti. Alla fine, l’auto dei Cavallero sbandò: tre fecero in tempo a dileguarsi, uno venne catturato e fece i nomi dei complici. La cattura non fu facile: consapevoli di avere la polizia di mezzo paese alle calcagna, i Cavallero si ritirarono in un covo isolato, un vecchio casello ferroviario nei pressi di Valenza Po. Vennero scoperti perché si erano recati a Valenza per comprare qualcosa in un negozio di alimentari: il negoziante, che aveva visto le loro foto segnaletiche, diede la soffiata decisiva alla polizia. Al processo, venne dato l’ergastolo a tre componenti su quattro della banda; soltanto Lopez, che all’epoca era minorenne, venne comminata una pena minore, di 12 anni. La sentenza, l’8 luglio 1968, era attesa da tutta Italia: Cavallero e Notarnicola, appresa la loro pena, ebbero ancora la sfacciataggine di intonare un canto anarchico in aula. L’eco dei fatti milanesi fu tale che le vicende della banda Cavallero divennero oggetto di un film di Carlo Lizzani, con Gian Maria Volonté nei panni del famigerato “denti di lupo”.

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