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22 ottobre 1913

Quell’incidente nella miniera
e la strage di emigranti italiani

Un’esplosione fece letteralmente saltare per aria lo scavo

Quell’incidente nella miniera e la strage di emigranti italiani

Quell’incidente nella miniera e la strage di emigranti italiani

Oggi Dawson è una delle città fantasma del Nuovo Messico, una delle tante testimonianze della corsa all’oro, della conquista del west. Una cittadina che nessuno conosce, e forse per l’aura sinistra che aleggia sul suo conto: perché in questo squallido borgo del deserto americano si trova una miniera, una triste miniera di carbone costruita da un imprenditore che comprò la terra da un tizio di nome John Barkley Dawson, dal quale prese il nome la località.
Nel 1913, questo angolo dimenticato del New Mexico contava circa 10mila abitanti, ed era un centro minerario come tanti negli Stati Uniti. C’erano negozi, un ospedale, un impianto sportivo, perfino - cosa nuovissima - un cinema. E, altra singolarità, si parlava italiano. Perché a Dawson pressoché tutti i residenti erano originari del Belpaese, fuggiti dalla miseria della madrepatria nella speranza di trovare un futuro migliore sotto il sole a picco dell’arido deserto. Un inferno in terra, il New Mexico. Ma a dirla tutta era meglio della miseria in Italia. O forse no: molti di questi connazionali erano giunti negli Stati Uniti inseguendo il miraggio di una ricchezza facile ed ora lavoravano in miniera, come avrebbero potuto fare in Italia senza spendere cifra ingenti nel trasloco oltreoceano.


Viene da pensare che il destino di molti italiani all’estero non sia cambiato, che si tratti di manovalanza nelle miniere di carbone del deserto americano o di lavapiatti a Londra. Per fortuna, però, sono cambiate le condizioni di lavoro, che nel 1913 erano davvero proibitive. Più volte nella miniera si erano verificati degli incidenti, anche gravi (nel 1903 un incendio aveva ucciso tre minatori). Il 22 ottobre 1913, però, un’esplosione fece letteralmente saltare per aria lo scavo n. 2 della miniera; fu un boato così terribile che si udì distintamente a chilometri di distanza. In questa occasione, perì gran parte degli operai della miniera, dei quali 146 erano italiani. Si trattò del secondo peggiore disastro in una miniera degli Stati Uniti e fu una vera strage di minatori: in tutto vi furono ben 263 morti. Una ecatombe. Poiché però si trattava di emigranti - e della peggior specie, perché all’epoca c’era una vera e propria fobia degli italiani negli States, come l’esperienza di Sacco e Vanzetti insegnò pochi anni dopo - il governo non introdusse alcuna nuova norma di sicurezza, né i giudici locali incriminarono i dirigenti della miniera. Tutto continuò come se nulla fosse avvenuto, e così continuarono anche gli incidenti. Tra l’altro, gravissimi: nella stessa miniera - questa volta nel tunnel n. 1 - esattamente dieci anni dopo avvenne un devastante incendio che uccise ben 123 persone, e nuovamente molti italiani. L’ecatombe finì soltanto con la chiusura definitiva della miniera nel 1950. Anni dopo, il cimitero nel quale furono sepolte le vittime dei due incidenti fu dichiarato monumento nazionale.

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