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Oggi al Circolo dei Lettori

"Ecco perché penso che sarà il mio ultimo romanzo"

Donatella Di Pietrantonio e "L'età fragile", storia complessa di madre e figlia e di tutte le sopravvissute

"Ecco perché penso che sarà il mio ultimo romanzo"

Trent’anni fa, Lucia si è salvata per caso. Quella notte al Dente del Lupo c'erano tutti: i pastori dell'Appennino, i proprietari del campeggio, i cacciatori, i carabinieri. Tutti, tranne tre ragazze che non c'erano più. Ma lei è sopravvissuta. Per questo, proprio perché è una sopravvissuta, riesce a cogliere quell’ombra negli occhi di sua figlia Amanda, lei che è tornata sofferente da Milano dove si è trasferita, che sembra desiderare soltanto di scomparire, si chiude in camera e non parla quasi. Lucia vorrebbe tenerla al riparo da tutto, anche a costo di soffocarla, ma c’è un segreto che non può nasconderle.

“L’età fragile” (Einaudi, 18 euro) di Donatella Di Pietrantonio è arrivato in libreria nel pieno dell’orrore, del dolore e dell’onda emotiva per l’omicidio di Giulia Cecchettin. «È stato casuale - ha raccontato la scrittrice -. Il libro lo avevo scritto molto prima e non potevo prevedere questa coincidenza. Sono fiduciosa che questa ondata si tramuti in uno stato di mobilitazione continua delle donne e degli uomini, in un impegno costante e fattivo perché davvero non accada più».

Di Pietrantonio, già autrice de “L’arminuta”, sarà a Torino martedì 16, alle 21, al Circolo dei Lettori di via Bogino 9. Partendo da un reale fatto di cronaca nera del 1997, la scrittrice affronta per la prima volta il tema della violenza di genere. Di quel fatto, quelle due ragazze trucidate durante una escursione sulla Maiella dice «ci sono tornata perché all'epoca, non so come, me lo ero lasciato un po' scivolare addosso. Era fine estate, forse ero lontana. Non lo avevo veramente elaborato questo crimine efferato accaduto proprio nella mia terra e poi, quando meno me lo aspettavo, un giorno davanti al paesaggio innevato delle nostre montagne, è affiorato questo ricordo che mi ha mosso qualcosa di profondo. Non avevo mai voluto prima scrivere di violenza di genere perché avevo paura che risultasse un'operazione un po' programmatica e invece questa volta sono stata colta dalla necessità».

Con i lockdown e la pandemia sullo sfondo, al centro di tutto c’è il rapporto di una madre e di una figlia, ma anche il legame con il territorio ma questa volta vira al nero. Il finale resta sospeso. «A volte penso che sarà il mio ultimo romanzo. Mi piacerebbe tornare al formato dei racconti, la mia prima forma espressiva anche se non sono mai stati pubblicati. Li ho chiusi da qualche parte».

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