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Regno Unito vieta l'esportazione di animali vivi: un esempio per l'Italia e l'Europa?

Il Regno Unito compie un passo avanti verso il benessere degli animali con la possibilità di fungere da catalizzatore per un cambiamento anche in Europa

Regno Unito vieta l'esportazione di animali vivi (fonte Greenme)

Regno Unito vieta l'esportazione di animali vivi (fonte Greenme)

Recentemente, il Regno Unito ha fatto un passo significativo nel campo del benessere animale, vietando l’esportazione di animali vivi. Questa decisione è stata accolta con favore dalle organizzazioni per la protezione degli animali e riflette una crescente consapevolezza pubblica riguardo alla necessità di pratiche più etiche nell’allevamento e nel trasporto degli animali. Una volta che entrerà in vigore, l'Animal Welfare (Livestock Exports) Act proibirà l'esportazione di animali allevati da e tramite la Gran Bretagna con la finalità di macellazione o ingrasso. La decisione nasce in seguito a un sondaggio governativo condotto nel 2020, che ha portato alla luce un appoggio notevole al veto da parte della popolazione, con l'87% degli intervistati che hanno manifestato il proprio consenso verso tale provvedimento. Il dato conferma un aumento della consapevolezza da parte dei cittadini rispetto alla salvaguardia degli animali e la condanna delle cattive prassi adottate nell'industria dell'allevamento. 

Il divieto britannico mira a porre fine al trasporto di animali vivi su lunghe distanze, spesso associate a condizioni stressanti e inumane per gli animali. Questa pratica è stata criticata per anni a causa delle sofferenze inflitte agli animali durante i viaggi, che possono durare ore o addirittura giorni.

Nonostante il cambiamento legislativo nel Regno Unito, in Italia e in Europa, il dibattito sull’esportazione di animali vivi è ancora aperto e le esportazioni di animali vivi continuano a essere una pratica legale. Alcuni sostengono che il divieto potrebbe avere ripercussioni economiche negative per gli allevatori e per il settore agroalimentare. Come sostiene infatti Matteo Cupi, vicepresidente di Animal Equality Europa, "nonostante il divieto del Regno Unito rappresenti un passo importante, si prevede che la nuova legge dovrà affrontare l’opposizione dell’industria zootecnica". Gli attivisti per i diritti degli animali, invece, ribadiscono che il benessere degli animali dovrebbe avere la priorità e che bisognerebbe considerare alternative più umane per il trasporto di carne e carcasse. 

In Europa, l'interessamento degli enti attivi nel proteggere il benessere animale ha sollecitato un intervento legislativo che possa portare un miglioramento all'attuale situazione. In particolare, il Parlamento europeo ha richiesto una revisione delle normative vigenti in materia, evidenziando l'urgenza di apportare cambiamenti al regolamento CE 1/2005, noto anche come "Regole dell’Unione europea sulla protezione degli animali durante il trasporto".

Inoltre, più di 50 candidate e candidati italiani alle elezioni hanno sottoscritto il Manifesto “Anche gli animali votano" promosso da una coalizione di associazioni animaliste che si impegnano nella difesa del benessere animale, nell’ambito della campagna europea Vote for Animals lanciata da Eurogroup for Animals.

Quindi, mentre il Regno Unito ha preso una posizione decisa contro l’esportazione di animali vivi, in Italia e in Europa la questione rimane ancora aperta. La decisione del Regno Unito potrebbe fungere da catalizzatore per un cambiamento anche in Italia, ma al momento non sono state annunciate modifiche legislative. La situazione richiede un’attenta valutazione delle implicazioni etiche ed economiche, e un dialogo costruttivo tra tutte le parti interessate.

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