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Per fare giustizia, nel sud degli Stati Uniti, non ci servono santi ma peccatori. Ecco S.A. Cosby

"Il sangue dei peccatori" è un crime senza concessioni né indulgenze, sull'onda lunga di Michael Connelly

Per fare giustizia, nel sud degli Stati Uniti, non ci servono santi ma peccatori. Ecco S.A. Cosby: lo amerete

Il Sud degli Stati Uniti ha ormai ufficialmente il suo Michael Connelly. E non solo perché nell’edizione italiana è proprio dell’autore della saga di Bosch (oltre che di Stephen King, quindi qui c'è gente che ne sa) uno dei claim di accompagnamento, ma perché S.A. Cosby omaggia, segue Connelly quando al suo detective fa dire che tutti contiamo o non conta nessuno. E lì, nei luoghi dove le tensioni razziali non sono mai finite, è una dannata verità che suona come una bestemmia ad alcuni. e la letteratura crime ha un bisogno disperato di parole forti, di storie intense, di gente che non ha paura di sporcarsi le mani.

Siamo nella contea di Charon in Virginia. Titus Crown, ex agente dell’FBI, è il primo sceriffo nero della contea dove ha sempre vissuto. E a un anno esatto dalla nomina, in quella che tutti considerano una cittadina tranquilla, l’antica violenza riemerge: un insegnante di liceo viene ucciso con un colpo di fucile da un ex studente, Latrell Macdonald, subito abbattuto da un agente sui gradini della scuola. Prima di morire, il giovane ha il tempo di urlare un’ultima frase: «Guardategli nel telefono».

Buona parte dei cittadini ha già condannato l’assassino, l’ennesimo nero sbandato che ammazza un uomo onesto, ma l’istinto suggerisce a Titus che quelle di Latrell non sono le farneticazioni di un pazzo. Sul cellulare di quel professore amatissimo, lo sceriffo trova le foto di tre individui intenti a seviziare e uccidere adolescenti di colore. Due di loro, Latrell e il professore, sono morti, ma il terzo, che nelle foto indossa una maschera da lupo, gira ancora per le strade di Charon.

Mentre Titus e la sua squadra danno la caccia all’Ultimo Lupo, all’ombra delle statue dei generali confederati le tensioni tra suprematisti bianchi e comunità nera si infiammano, e Titus si trova stretto fra i suoi doveri di tutore della legge e le sue radici, accerchiato dai fantasmi di un passato senza redenzione.

“Il sangue dei peccatori” (Rizzoli, 19 euro, traduzione di Giuseppe Manuel Brescia) è un romanzo intenso, vivido. Titus non è un uomo senza macchia: le ferite che porta sul viso e sul corpo sono niente rispetto a quelle dell’anima. C’è in lui la determinazione alla giustizia, ma è anche un peccatore. E per fare giustizia, non c’è bisogno di santi. Grazie S.A. Cosby.

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