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Teatro Colosseo
06 Ottobre 2024 - 17:07
Roberta Bruzzone
«Torino? Ho studiato qui, ma non è una città che conosco così bene, sono passati ventisei anni...». Nacque proprio sotto la Mole la carriera di Roberta Bruzzone, la criminologa e psicologa forense più famosa della tv con un seguito di migliaia di follower sui social. Solo su Tik Tok ne ha oltre 121mila. Diretta e schietta la Bruzzone, originaria di Finale Ligure, è proprio così come la si vede nelle tante ospitate televisive quando, impassibile, preparata e sicura di sé, dice la sua sui casi più crudi legati alla cronaca nera. L’unica “debolezza”? La passione per le due ruote: «Adoro viaggiare in moto, ho girato tutto il mondo, soprattutto l’America». Un caratterino che sembra proprio piacere al pubblico, tanto che il suo arrivo sul palco del Teatro Colosseo il prossimo 10 ottobre ha da tempo registrato il tutto esaurito. La Bruzzone metterà in scena il suo ultimo lavoro, “Favole da incubo”, un viaggio nella manipolazione affettiva attraverso l’analisi di alcuni dei fatti di cronaca nera più efferati degli ultimi anni e in cui le vittime sono le donne.
L’obiettivo?
«Cercare di essere d’aiuto - spiega - in modo che certe cose non debbano accadere mai più. Da sempre sono in prima linea per combattere la violenza sulle donne e gli stereotipi che la determinano».
C’è molta attesa circa la sua performance teatrale, cosa deve aspettarsi il pubblico?
«Intanto voglio precisare che non si tratta di uno spettacolo. Il mio è più un monologo dedicato alla ricostruzione di alcuni casi di omicidio nati in un contesto in cui stereotipi, pregiudizi, tabù nei confronti delle donne hanno poi generato violenza».
Di quali casi parlerà?
«Saranno tre, tra cui il caso Ragusa e Ceste».
Già, la povera Elena Ceste, di Costigliole d’Asti...
«Sì, quello è un chiaro caso di manipolazione e sottomissione da parte del marito Michele. Lei ad un certo punto ha provato a reagire, ad alzare la testa, e lui l’ha strangolata, inscenando poi la fuga della moglie».
Perché le donne diventano vittime della manipolazione?
«Perché per cultura sono portate a tollerare troppo, sono abituate ad obbedire, vengono trasformate in creature fragili. Sono questi gli argomenti che tratterò in scena in maniera reale ma a tratti ironica. Si riderà anche».
Manipolatori e narcisisti sono la stessa cosa?
«I manipolatori più pericolosi sono i narcisisti, però, attenzione, questa patologia non riguarda solo gli uomini, non esistono copyright di genere».
Come ci si può difendere?
«Bisogna imparare a riconoscerne i sintomi e, quindi, fare prevenzione».
Lei è mai stata fra le grinfie di un manipolatore?
«Sì, mi è capitato. Oggi sono felicemente sposata, ma in passato ho avuto anche io un amore tossico».
Come ne è uscita?
«Per fortuna l’ho saputo neutralizzare, sono soggetti che è difficile che lascino andare, bisogna mettere paletti fin da subito».
Quindi qual è il consiglio che dà a chi incontra un o una partner narcisista?
«Quello di mettere dei paletti fin da subito, di cercare di capire dagli atteggiamenti con chi si ha a che fare».
Tornando alla cronaca degli ultimi giorni, ci sono stati casi che hanno sconvolto l’opinione pubblica. Mi riferisco a Chiara, la ragazza che ha ucciso i suoi neonati, o il diciassettenne che ha sterminato la famiglia: cos’hanno in comune?
«In entrambi i casi si parla di personalità narcisiste passive-aggressive, con problematiche profonde che non erano mai emerse».
Esiste una vita d’uscita?
«E’ molto difficile, se si pensa che il nostro equilibro psichico si forma entro i primi tre anni di vita».
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