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Rubrica Road to the Oscars 2025
28 Gennaio 2025 - 17:00
Un film che onora i suoi discendenti ed espande il genere fantascientifico. "Dune: Pt.II" di Denis Villeneuve era tra i primi ad aver visto le sale dei cinema nel 2024 e già dalla prima settimana si gridava all'Oscar per il suo regista, i suoi interpreti e l'intero team che ha portato sullo schermo il secondo capitolo dell'adattamento cinematografico della saga scritta da Frank Herbert. Peccato però che le speranze dei fan di vedere Denis Villeneuve venir riconosciuto con una candidatura per Miglior Regista si sono rivelate vane, così come per la colonna sonora del leggendario compositore di film Hans Zimmer.
LA STORIA
Il film inizia con i Fremen, gli abitanti del pianeta Arrakis che cercano di mandare via gli Harkonnen, la casata che ha architettato l'omicidio del Duca Leto Atreides, padre di Paul (Timothée Chalamet), il protagonista del film. Accanto alla madre Jessica (Rebecca Ferguson), Paul si addestra per entrare a far parte dei Fremen, imparando le loro tradizioni, la loro cultura, lingua e modalità di combattimento. Il tutto per provare che Paul è il 'Lisan-al-gaib' messianico profetizzato alle origini del pianeta. Nel frattempo, gli Harkonnen, con la complicità dello stesso imperatore (Christopher Walken) complottano di uccidere i Fremen con Paul, inviando su Arrakis Feyd-Rautha Harkonnen (Austin Butler), nipote psicopatico del Barone Vladimir Harkonnen (Stellan Skarsgård), con il quale le Bene Gesserit (l'organizzazione di streghe di cui Jessica fa parte) vogliono continuare la loro linea genealogica. Sta a Paul con il suo team, composto anche dalla compagna Chani (Zendaya), guidare i Fremen verso il Paradiso e sconfiggere i nemici che minacciano l'essenza stessa di Arrakis e della sua spezia melange.
L'ESPANSIONE DELL'UNIVERSO FANTASCIENTIFICO
La seconda pellicola di Villeneuve, che segue il filone narrativo iniziato nel 2021, espande i confini dello storytelling del genere sci-fi: dai suoi toni scuri in contrasto con i colori più accesi come gli occhi azzurro dei Fremen cambiati dalla spezia alla sua colonna sonora dai fortissimi suoni sintetici accompagnati dalle note orchestrali che danno alle scene una sensazione di tensione maggiore. Villeneuve però non si è ispirato solamente all'adattamento originale del 1984 di David Lynch (regista recentemente scomparso), ma anche a film quali "2001: A Space Odyssey" di Stanley Kubrick, "Blade Runner 2049" (diretto da Villeneuve stesso) e "Interstellar" di Christopher Nolan.
Anche dal punto di vista della storia, delle gesta di Paul Atreides e del filone narrativo della figura del Messia sono degli argomenti interessanti, dato che lo stesso tema era stato trattato in saghe sci-fi famosissime precedenti a "Dune" quali "Star Wars" e "The Matrix".
Un'altra ragione per cui guardare questo film, nonostante i suoi 166 minuti, è per il suo cast: nel ruolo di Paul rivediamo Timothée Chalamet (candidato quest'anno per Miglior Attore Protagonista per "A Complete Unknown") che esplora la complessità del suo personaggio con il giusto peso e con una potenza che ancora non si era vista. Accanto a lui, ritornano Zendaya, Rebecca Ferguson, Javier Bardem, Josh Brolin e Stellan Skarsgård, mentre di new entries vediamo Florence Pugh, Austin Butler, Christopher Walken e Anya Taylor-Joy. Il lato positivo di questo contrasto tra cast giovane da quello anziano è la perfetta armonia tra ogni personalità portata sullo schermo da ogni attore e attrice. Una possibilità per i veterani della settima arte non solo di insegnare ai nuovi volti del cinema ma anche di imparare loro stessi da quest'ultimi.
Ultimo elemento che rende questo film degno delle sue candidature agli Oscars e anche della visione da parte degli spettatori è la sua cinematografia: nonostante sia a volte oscurata, il sole caldo della Giordania e il deserto dorato di Abu Dhabi è un perfetto contrasto con il bianco e nero del pianeta degli Harkonnen, Giedi Prime, nel quale si compivano gli atti più spietati e crudeli di Feyd-Rautha.
Denis Villeneuve, nonostante non sia stato riconosciuto dall'Academy per il secondo anno con la candidatura a Miglior Regista, ha provato che non servono grandi riconoscimenti per fare del cinema un linguaggio raggiungibile al pubblico, anche se ambientato in spazi più lontani dal nostro e con linguaggi e culture inventate dall'immaginario letterario perché la vera bellezza del genere fantascientifico, come hanno mostrato i pionieri di "Dune", risiede su questo e molto di più.
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