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Letto per voi

Dalla Rust Belt alla Casa Bianca: perché l'elegia di JD Vance è il vero romanzo americano

L'autobiografia del vicepresidente degli USA spiega perché Trump ha vinto

Dalla Rust Belt alla Casa Bianca: perché l'elegia di JD Vance è il vero romanzo americano

Preso un paio di settimane fa, letto "a singhiozzo" (eh…le incombenze della vita…). Finito stamattina. Di Vance confesso di non aver mai saputo nulla, prima di qualche mese fa, quando venne annunciato come Vice di Trump nella corsa per la Casa Bianca, che li ha visti poi arrivare nel novembre scorso e insediarsi poco più di un mese fa.

No, non è stata la fascetta a spingermi a prenderlo. Curiosità, questa sì. Capire cosa e chi è questo baldo giovanotto, apparso tirato a lucido in tv durante la Cerimonia di insediamento, dritto, apparentemente a disagio in mezzo a persone che, a torto o a ragione, sono tutti i giorni sulle pagine dei giornali, nei notiziari sulle tv.
Il libro è scritto in modo superbo. A tratti, soprattutto nella prima parte, quella che si sofferma sull’infanzia nella "rust-zone" sembra di leggere un romanzo di Steinbeck (quella parte degli stati centrali degli USA, prima strappata ai nativi, poi sede dei mastodontici impianti industriali delle acciaierie, poi altrettanto rapidamente chiuse, dove alligna quella parte di "proletariato bianco" che, stando alla narrazione post elettorale, tanto ha avuto peso nell’esito del voto pro Trump).
Fascinazione, retaggi, quella parte di spirito americano che mi è arrivato dalle letture, negli anni, sensazioni piacevoli di letture fatte tanti anni fa.
Stante l’autore, ciascuno è libero di valutarlo come meglio crede. Una cosa, forse su tutte, me lo ha reso godibile al di là di qualsiasi lontana forma di pregiudizio, ed è quella che dietro la consumata espressione di "sogno americano", più e meglio di qualsiasi tipo di analisi sociologica, la storia della sua vita raccontata in prima persona, è un tassello dell’enorme mosaico di una società "complessa" (come va di moda definire-o non definire- le situazioni adesso), uno sguardo molto disincantato su dinamiche, conflitti, drammi e (rari) successi che un ragazzo venuto su in un contesto "difficile" ha vissuto per arrivare a ricoprire la carica di Vice Presidente.
Ecco, fatta la tara all’inevitabile rischio agiografico, quello che arriva è la "freschezza" di questo sguardo, a tratti assolutamente "vero", sulla società americana. Una sintesi efficace che ritorna là, dove si fa finta un po’ tutti di non voler vedere: la capacità dell’individuo di autodeterminarsi a prescindere dalle condizioni sociali, familiari, economiche, religiose (handicap sapientemente disseminati dallo status-quo che in primis alligna nelle nostre teste).

Da leggere, posto abbia voglia di non ricorrere all’omonimo film Netflix (che vedi bene non ho visto).
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