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Benessere mentale

La sindrome di Calimero: come il vittimismo ci "spezza le gambe" e come riprendere le redini

La chiave per superare la "sindrome di Calimero" è riconoscere le proprie risorse

La sindrome di Calimero: come il vittimismo ci "spezza le gambe" e come riprendere le redini

La figura di Calimero, il piccolo pulcino nero con il suo guscio rotto e il perenne "È un’ingiustizia!" è entrata nel cuore di molte generazioni. Ma dietro quella tenera immagine si nasconde un atteggiamento psicologico che può limitare fortemente la vita di chi lo vive: la sindrome di Calimero. In effetti, questo modo di vedere la realtà può essere fonte di sofferenza e frustrazione, ma è possibile liberarsene e riprendere in mano la propria vita.

La sindrome di Calimero non è un disturbo psicologico ufficiale, ma un modo di percepire la realtà che porta a sentirsi sempre vittima di ingiustizie, incapaci di cambiare la propria situazione. Questo atteggiamento, secondo la psicoterapeuta Alessandra Monno, nasce spesso nell'infanzia, in contesti dove il riconoscimento era scarso o l'approvazione limitata. Può anche derivare da esperienze di ingiustizia reale o da un'educazione iperprotettiva. Col tempo, però, il vittimismo diventa una zona di comfort, una sorta di "gabbia psicologica" dove ci si sente sempre sfortunati e incapaci di agire.

Vivere con la sindrome di Calimero può avere gravi ripercussioni sulla vita quotidiana. Le relazioni, ad esempio, diventano spesso squilibrate: la persona che si vede come vittima tende a non assumersi la responsabilità dei propri errori e ad attribuire sempre la colpa agli altri. Questo blocca la crescita personale e crea un circolo vizioso di frustrazione e solitudine. La mancanza di autostima e la costante sensazione di impotenza sono caratteristiche distintive di chi vive in questo stato.

Il primo passo per uscire dalla sindrome di Calimero è riconoscere il problema. La consapevolezza è il fondamento del cambiamento. Secondo Monno, il passo successivo è cercare attivamente di cambiare prospettiva, rompendo i propri schemi mentali. La soluzione non sta nell'attendere che qualcuno venga a "salvarci", ma nel prendere in mano la propria vita, modificare il nostro modo di pensare e ampliare la nostra zona di comfort.

L'idea di empowerment (sentirsi capaci di agire) è cruciale. Più ci mettiamo alla prova, più il nostro senso di efficacia cresce. Superare il vittimismo e iniziare ad agire porta a un circolo virtuoso: l'autostima cresce, la fiducia in noi stessi aumenta, e le possibilità di cambiamento si ampliano. Si tratta di un processo continuo di esplorazione delle proprie risorse interiori, lasciando andare le lamentele e concentrandosi su ciò che possiamo effettivamente controllare.

Riconoscere le proprie risorse e rispondere alle difficoltà con azioni concrete è essenziale. Se ci circondiamo di persone o situazioni che ci abbassano, è necessario allontanarsene. Un altro aspetto fondamentale è l'allenamento alla gratitudine: apprezzare ciò che abbiamo e accettare il passato, senza permettere che ci imprigioni nel presente. In questo modo, possiamo smettere di vivere come Calimero e riscoprire il nostro potenziale.

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