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Allarme privacy
08 Aprile 2025 - 16:15
In un Paese che discute di cybersicurezza e tutela dei dati personali, scoprire che per appena cinquanta euro al mese è possibile acquistare online i numeri di cellulare privati dei più alti vertici dello Stato suona come uno schiaffo in pieno volto. Il numero personale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quello della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i recapiti di ministri, alti funzionari, militari, agenti di polizia, dirigenti pubblici: tutto in vendita, tutto accessibile, tutto violabile.
Non si parla di attacchi hacker sofisticati, ma di veri e propri servizi in abbonamento, apparentemente legali, offerti da piattaforme di lead generation che, con pochi click e un pagamento mensile, consegnano in mano a chiunque una lista dettagliata di contatti privati. Non quelli istituzionali, ma i numeri usati per comunicazioni personali, familiari, riservate. A scoprire questa inquietante realtà è stato un esperto informatico, che nel corso di un incarico professionale ha messo le mani su una falla che definire “preoccupante” è un eufemismo.
Le cifre parlano da sole: oltre 2.000 contatti della Presidenza del Consiglio, quasi 14.000 dal Ministero della Giustizia, 11.000 dalla Difesa, migliaia da Interno, Inps, Carabinieri, Guardia di Finanza. Una banca dati parallela, illegale e sfuggita a ogni controllo, dove il confine tra trasparenza e violazione è stato abbattuto senza alcun ritegno. E il pericolo non è solo il fastidio di un messaggio o una chiamata molesta: con i numeri di telefono si può risalire alla posizione delle persone, seguirne gli spostamenti, costruire una rete di sorveglianza invisibile ma reale.
Dopo la segnalazione, la Polizia Postale ha avviato un’indagine. Ma nel frattempo, l’esperto ha cercato di allertare direttamente le istituzioni. Ha scritto su WhatsApp al ministro dell’Interno. Ha inviato email a figure chiave della sicurezza nazionale. Ha commentato pubblicamente sul profilo LinkedIn dell’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale, lanciando un allarme chiaro: “Se vi dicessi che tutti i vostri dati sono online, mi credereste?”. Nessuna risposta. Solo una reazione scettica, liquidata con un laconico “bah”.
Eppure la realtà è sotto gli occhi di tutti: i dati sono lì, disponibili, venduti come merce qualunque. Una nuova frontiera del mercato nero digitale, dove la sicurezza dello Stato è diventata un’opzione tra le righe dei “termini e condizioni”. Non si tratta di un semplice problema di privacy, ma di una questione politica, strategica e istituzionale. Perché se i vertici del Paese non sono in grado di proteggere le proprie informazioni personali, chi può davvero sentirsi al sicuro?
Ora si attendono risposte. La Procura ha aperto un’indagine, la Polizia Postale lavora a un’informativa. Ma la domanda, quella vera, rimane: chi ha lasciato aperta la porta? E chi, colpevolmente, ha fatto finta di non vederla?
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