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Questa sera un brindisi per Piergiulio Zalla, il chirurgo goliardo che morì cantando in piazza

Il ricordo del medico dalle mani magiche, sia con il bisturi che con il menestrello

Questa sera un brindisi per Piergiulio Zalla, il chirurgo goliardo che morì cantando in piazza

Nel grande teatro della vita ci sono persone (tantissime) e personaggi (pochissimi). Il dottor Piergiulio Zalla, grande goliardo fiorentino, era un personaggio. Avete presente il Professor Sassaroli, quello del film  “amici miei”? Bèh, lui era così. Chirurgo bravissimo in ospedale, ma sempre pronto alla burla nella vita. Aveva nel curriculum un bel po’ di vite salvate, ma era fatto a modo suo. Una volta, ad esempio, doveva asportare una milza. Normale routine, per uno come lui. Senonchè (cosa che tutti i chirurghi, assistenti e ferristi sanno) una volta recisa l’arteria splenica, quella che porta il sangue dal cuore alla milza, bisogna chiudere subito il troncone a monte, altrimenti il sangue riempie la cavità in pochi istanti e il paziente muore. Lo si fa con un’apposita pinza a chiamata Satinsky. Piergiulio taglia, il sangue zampilla a fiotti e lui porge la mano alla suora ferrista: “Satinsky”. Lei fruga invano invano tra i ferri pronti. Se l’è dimenticata. Lo Zalla sacramenta (come solo lui sapeva fare) ma non perde il sangue freddo. Tuffa subito la mano guantata nel sangue, individua al tatto il troncone e lo chiude tra due dita aspettando la pinza. Paziente salvato. Ma quando estrae l’organo, lo tira in faccia alla suora. E lei zitta, perché sapeva di averla fatta proprio grossa. Questo era Piergiulio.

E poi faceva anche lo psichiatra, come il padre. Gli piaceva stare coi matti (“i miei grulli”) e tra chiacchiere e pasticche li guariva, o comunque li faceva star meglio. Poi c’era lo Zalla goliardo, che aveva una specialità: era un menestrello inarrivabile. Buon chitarrista, ottima voce e memoria pazzesca. Ricordava migliaia di canzoni di ogni tipo, goliardiche, popolari, blasfeme, sentimentali, fasciste, comuniste, anarchiche, storiche, dialettali toscane, ma anche abruzzesi, siciliane, calabresi, napoletane, venete… e poi De André, Battisti, Paoli e tutti gli altri grandi.

Purtroppo ci ha lasciato a soli 72 anni per un infarto. Lui, che aveva recitato spesso in teatro nelle operette della goliardia fiorentina, diceva che il grande attore si vede non solo da cosa fa in scena, ma anche da come ne esce. Quindi, coscientemente, ha scelto di uscire dalla scena della vita alla grande, con la chitarra in mano, fra i goliardi che lo amavano e che amava. L’ 8 Febbraio 2014, con l’infarto in corso (se l’era autodiagnosticato all’alba, e sapeva di non sbagliare) si è fatto portare in auto da Firenze a Padova. Quella sera c’era la cena ufficiale dei Clerici Vagantes, ma lui sapeva già che non sarebbe riuscito a parteciparvi. A mezzogiorno, appena arrivato, si è seduto con la chitarra in un déhors di Piazza delle Erbe, in mezzo agli altri goliardi arrivati da tutta Italia, e ha cominciato a cantare. Dopo qualche minuto è crollato a terra. Ambulanza, ospedale, fine.

Uscita di scena da applausi. Come si fa a non amare, a non ricordare un amico così? E infatti qui a Torino (dove lui saliva spessissimo), ad ogni primavera lo commemoriamo con una cena dedicata, in osteria. Stasera, sabato 12 aprile, brinderemo alla sua memoria tra una portata e l’altra della Trattoria Piemontese, in via Napione.

Tranquilli: nel menu non c’è la milza.

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