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Scienza
15 Aprile 2025 - 19:30
Sognare ad occhi aperti mentre si studia potrebbe non essere poi così male. Lo dice la scienza. Una nuova ricerca internazionale suggerisce infatti che il “mind wandering”, cioè l’attività mentale che ci porta a distrarci e a vagare con i pensieri, può avere effetti positivi sull’apprendimento, soprattutto in contesti poco impegnativi o ripetitivi.
Il fenomeno, spesso associato a distrazione e calo di rendimento, viene oggi rivalutato grazie a una serie di studi condotti da un team di ricercatori in Francia, Norvegia, Ungheria e Germania, che hanno voluto indagare i possibili lati “buoni” di questa apparente assenza mentale. E le conclusioni sorprendono: distrarsi potrebbe, in alcuni casi, aiutare la memoria e favorire l’apprendimento inconscio. “Proprio come il sonno è essenziale per il cervello, forse anche questi momenti di ‘riposo vigile’ sono importanti per consolidare ciò che impariamo”, spiega il ricercatore Peter Simor, uno degli autori principali.
Non si tratta semplicemente di perdere la concentrazione: è una vera e propria deviazione del pensiero, che ci porta a riflettere su eventi passati, futuri o completamente immaginari, anche mentre siamo impegnati in qualcos’altro. In altre parole, la mente prende il largo. Secondo gli studiosi, passiamo fino alla metà del nostro tempo da svegli in questo stato. Spesso confuso con il daydreaming, il mind wandering si manifesta durante un’attività, mentre il daydreaming si presenta nei momenti di inattività o rilassamento. La domanda è: ci serve davvero?
Per rispondere, i ricercatori hanno realizzato due studi: uno online e uno in laboratorio con l’ausilio dell’elettroencefalogramma (Eeg). I partecipanti hanno svolto un test visuo-motorio in cui dovevano prevedere delle sequenze ricorrenti nascoste tra immagini, mentre periodicamente veniva chiesto loro quanto si sentissero distratti. I risultati? Le menti che “vagavano” imparavano meglio, riuscendo inconsapevolmente a cogliere le probabilità nascoste nel compito. Tuttavia, come previsto, l’accuratezza delle risposte calava: una conferma che quando la mente si estranea, la performance immediata può risentirne, ma la capacità di apprendere e memorizzare può invece beneficiarne.
Monitorando l’attività cerebrale, i ricercatori hanno scoperto che il mind wandering è associato a uno stato neurale a bassa frequenza, simile a quello che si verifica durante il sonno leggero. Un “mini standby” del cervello, che potrebbe servire proprio a consolidare informazioni e apprendere in modo passivo.
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