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Papa Francesco
17 Aprile 2025 - 22:00
C’è una voce che ritorna. Più salda, più sicura. È quella di Papa Francesco, che dopo settimane di incertezze, silenzi spezzati e deleghe strategiche, si riprende il centro della scena proprio nel momento più simbolico del calendario liturgico: la Pasqua. E lo fa da dove più conta, dalla loggia centrale di San Pietro, per pronunciare quella benedizione Urbi et Orbi che, per definizione, non si delega.
I segnali c’erano già stati alla Domenica delle Palme, ma ora sono lampanti: la voce è meno esitante, il tono più pieno, lo sguardo di nuovo vigile. Francesco si prepara alla Pasqua 2025 con quella che è, a tutti gli effetti, una liturgia adattata alle circostanze, ma non sminuita nel significato. La celebrazione della messa potrebbe essere condivisa con un cardinale – opzione sul tavolo, per alleggerire il peso fisico – ma la benedizione pasquale, quella no. Quella resta sua. Se ne valuta una versione accorciata, certo. Ma sarà lui, e solo lui, a impartirla.
Papa Francesco rimane il cuore della settimana santa
Nel frattempo, la macchina vaticana si è mossa con prudenza e intelligenza. Alcune tappe del Triduo Pasquale sono già state affidate ad altri: il cardinale Calcagno per la Coena Domini, Gugerotti per il Venerdì Santo, De Donatis per la Via Crucis al Colosseo, scritta però dal Papa in persona. Un tratto che dice molto: Francesco non cede il significato, cede solo la voce.
E poi c’è la questione lavanda dei piedi: gesto potente, carico di quella rivoluzione gentile che ha sempre guidato il pontificato di Bergoglio. Stavolta, però, potrebbe avvenire in forma privata a Santa Marta, lontano dai riflettori, più intimo, ma non meno profondo.
Chi immaginava un Papa chiuso nel suo appartamento ha dovuto ricredersi. Francesco è tornato a incontrare bambini e fedeli, senza maschere né filtri. In sedia a rotelle, sì. Ma senza ossigeno e con un’agenda che, giorno dopo giorno, torna a riempirsi. La prudenza resta – lo impongono i medici – ma la scelta è chiara: il Papa non si nasconde.
Lo dimostra anche la presenza di ospiti internazionali di peso sul sagrato di San Pietro. Su tutti, il vicepresidente americano J.D. Vance, simbolo di un’attenzione globale che non si spegne, ma si rinnova. Anche oltre l’oceano, anche fuori dal recinto cattolico, Francesco continua a parlare. E a farsi ascoltare.
In un tempo in cui la fragilità è spesso percepita come debolezza, Francesco la trasforma in forza comunicativa. La sua presenza alla benedizione Urbi et Orbi non è solo un atto liturgico, è un messaggio politico e spirituale insieme. È la dimostrazione che la Chiesa non si ferma, anche quando il suo pastore zoppica.
È la Pasqua della resurrezione, certo. Ma è anche la Pasqua di un Pontefice che resiste, che non delega il cuore del suo mandato, che torna – con voce più ferma – a benedire un mondo ancora pieno di ferite.
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